La lezione più importante del 2023
Unpopular opinion: il bilancio di un anno di sport non si fa contando i kilometri percorsi e le nuove medaglie appese al muro
🏃🏻♂️🏃🏻♂️ Buongiorno a tutte e tutti,
in caso qualcunə non se ne fosse accortə, è l’ultima domenica dell’anno: il momento perfetto per essere 100% originale e lanciarmi nel più classico dei bilanci di fine anno.
Beh sì, ma in realtà no. Non sono mai stato un tipo da bilanci di fine anno. E penso proprio vi risparmierò la lettura tra le righe di un anno passato di corsa.
L’idea che gli anni viaggino a compartimenti stagni mi ha sempre lasciato insoddisfatto, e ho sempre preferito pensare al passare del tempo come un sistema a vasi comunicanti, in cui quello che di buono succede al termine di un lasso di tempo possa fluire, continuare al giro successivo, lasciando fuori per quanto possibile le negatività.
A questo è dovuta (forse) la mia avversione verso il Capodanno. Fortunatamente per me, si tratta di uno di quei fastidi che vanno di moda. Poche persone mi guardano male se mi cimento in un signorile «vaffanculo il Capodanno». Anzi: mi capita quasi sempre di essere spalleggiato nella malsopportazione verso questa festività.
Sarà la bolla (echo chamber) entro cui sono finito per posizionarmi: un consesso di avversari del Capodanno, dei petardi, dei trenini, delle ore piccole, della colletta per il bere, del decidere cosa mangiare, della spesa del Trentuno, dell’ubriachezza molesta, del countdown, delle piazze di Rai 1, Canale 5, Teleromagna; dello stato vegetativo a cui ci costringe il Primo di Gennaio per riprenderci dalla notte brava.
Usciamo dalla lista di scabrosità sull’ultimo dell’anno e torniamo alla corsa.
Già, perché l’idea stessa di lanciarmi in un bilancio nasce di corsa - e dove, se no?
Le corse di questi ultimi giorni dell’anno, per quanto mai troppo lunghe, né troppo intense - sto pur sempre tornando da una tendinite (o tendinopatia, non ricordo il termine clinico preciso) - sono state così piacevoli che, imboccando una strada di campagna lunga e solitaria, accarezzata dal sole già vagamente crepuscolare delle due del pomeriggio d’inverno, mi è venuto impossibile non pensare a tutto quello che è successo durante questi ultimi dodici mesi.
Al di là dei 1700 kilometri che ho corso quest’anno - assicuro a coloro che non corrono che si tratta di una distanza esigua per chi pratica uno sport di resistenza - al di là del personale sulla mezza maratona, ci tengo a raccontare i miei progressi su una metrica che non viene conteggiata da alcun orologio, gps, o cardiofrequenzimetro.
La lezione più importante che ho imparato nel 2023. Mi correggo: la lezione più importante che ho iniziato ad imparare nel 2023.
A fine episodio, qualche brevissimo highlights dell’anno appena passato e la mia classifica dei pezzi che ho preferito di A cosa penso quando corro?.
In questa puntata
Imparare ad imparare
Highlights professionistici da un anno di corsa
I pezzi dell’anno di cui sono più soddisfatto
Impara ad imparare
La lezione più importante che ho imparato nel 2023 è be teachable.
Ossia: essere sempre disposto e predisposto ad imparare.
L’idea di essere disposto ad imparare potenzialmente in ogni situazione e da chiunque, teachable - uno di quegli anglicismi geniali, traducibile in insegnabile, ma in senso passivo: nel senso che io sono una persona a cui si possono insegnare cose, e non nel senso che Lorenzo Bandini può essere insegnato a qualcuno (che dio ci scampi) - ha guidato ogni aspetto della mia vita, compresa la corsa (ci arriviamo tra poco).
Impara ad imparare, insegna a te stessə la capacità di assorbire come fossi una spugna, accetta l’umiltà di riaffermare la tua non-conoscenza non come una condanna ma come uno stato d’animo necessario al miglioramento.
Quanto è bello imparare?
Se mi chiedessero il singolo potere che vorrei affinare alla perfezione, l’arte che vorrei padroneggiare o conoscere senza segreti, non avrei dubbi nel rispondere la capacità di imparare.
Il perché di questa mia risposta lo spiega meglio di come io potrei fare Roberto Mercadini in questo video che periodicamente riguardo (se volete andare diretti al punto, attaccate intorno al minuto 13.00).
L’apprendimento è in primis una sorta di esercizio per il cervello, allenabile come alleneremmo in maniera specifica la velocità di soglia, la resistenza, o il salto verticale. In secondo luogo, la reazione e la relazione tra il mio bagaglio culturale e le nuove conoscenze che incamero creano un reticolato entro il quale è per me possibile collocare, catalogare, filtrare, soppesare con cognizione i fatti del mondo.
Essere teachable è il primo modo per migliorare, efficientare e raffinare la capacità di questo reticolo di continuare a espandersi, e a lavorare per districare nei limiti del possibile il gomitolo (Gadda direbbe gliommero) del Mondo.
Imparare correndo?
Gli insegnamenti possono arrivare dappertutto: anche e soprattutto dal proprio corpo - che spesso è silenziato, reietto e negletto, nonostante sia un capolavoro di bioingegneria sofisticato e limato nei minimi dettagli.
Imparare a conoscere attraverso il mio corpo, specie durante la mia esperienza sportiva da runner, è stato tanto difficile quanto intenso. Un esempio? Capita che il ginocchio ti stia chiedendo di fermarti perché dolorante: e che la testa risponda candidamente «no, è impossibile che tutto questo stia succedendo a me». E tu che fai? Non ascolti, e ti ritrovi a zoppicare per il mese e mezzo successivo - tratto da una storia vera.
È possibile ribaltare questo paradigma di non-ascolto verso il proprio corpo?
Beh, sì. Anche perché se non fosse possibile, dopo tutto quello che vi è toccato leggere per arrivare fino a questo punto vorreste quantomeno picchiarmi.
Tutto parte dal mettersi in ascolto dei segnali del corpo. Come?
Vi riporto la mia esperienza.
Innanzitutto, durante la corsa stessa
Quando corro, ho imparato a concentrarmi sulla corsa. A non rigettare l’idea della fatica, a non cercare di paludarla entro distrazioni palliative.
Per cominciare, ho limitato di molto l’utilizzo di musica e podcast durante la corsa per focalizzarmi interamente sulle sensazioni che passo dopo passo mi vengono restituite da muscoli, gambe, intestino, polmoni.
Attenzione! Non ho detto non correrò mai più con le cuffie: si può partire dal ritagliare qualche corsa settimanale da dedicare esclusivamente all’ascolto di sensazioni e connessione corporea per migliorare il rapporto con il proprio corpo in movimento.
Da questa progressiva privazione dalle distrazioni ho imparato che correre è bello perché… corro. Durante le corse facili, per esempio mi ritrovo da solo, o al massimo con pochi amici, a pensare a non so bene cosa (il punto dell’intera pubblicazione che leggete da quasi un anno e mezzo), e non c’è niente di più bello di dimenticarsi del corpo che esegue l’input interiorizzato della corsa all’interno di una partitura ritmica finemente cadenzata.
O, ancora, ho trovato un nuovo senso agli allenamenti più duri: durante le corse più impegnative mi concentro sull’ascolto delle reazioni del mio corpo quando lo porto al limite.
È facile dimenticarsi di avere un corpo che funziona mentre il cervello è cullato dal passo regolare di una corsa facile. Più difficile concentrarsi sulle sensazioni di dolore e agonia che si scatenano durante un fartlek, o durante le ripetute. È estremamente affascinante.
Ci vuole tempo per imparare a processare, soppesare e gestire i segnali del corpo durante la corsa, accettandoli senza giudicare, per trarne il massimo beneficio sia in termini di performance che in termini di rapporto con il gesto stesso della corsa.
E poi durante tutto il resto della giornata…
In una settimana ci sono 10.080 minuti (vi ho risparmiato il conto, veh quante cose che si imparano a leggere le newsletter): di tutta questa quantità di tempo, ne avrò corsi mediamente sì e no 300/350.
Cosa vuol dire?
Vuol dire che, tolte le ore di sonno, per quanto io mi sia allenato duramente ho passato la maggior parte del tempo senza correre. Non sottovalutare quello che succede quando non si corre, e restare in contatto con i segnali del corpo anche in questo lasso di tempo può salvarti dall’incappare nel tuo prossimo infortunio.
Impara dal tuo corpo che certe sere, dopo lavoro, semplicemente sei troppo stancə: la strada su cui corri e la palestra in cui sudi non scappano, tranquillə. C’è sempre un domani per recuperare il tuo allenamento - in altre parole: non essere schiavə della tua routine di allenamento («pianificare è tutto, i piani sono nulla»).
E quindi?
Mettersi in ascolto attivo del proprio corpo per imparare a decodificarne e i messaggi è un esercizio che mi ha dato tanto in relativamente poco tempo.
Il miglioramento della performance è stato solo la punta di un iceberg di benefici che a cascata ho portato alla mia vita sportiva.
Ho migliorato la qualità del sonno e del recupero.
Ho migliorato il mio modo di vivere e gestire gli infortuni.
Ho migliorato il mio rapporto con lo stretching e con il rafforzamento in palestra (di cui sono sempre stato fan, ma di cui oggi sono particolarmente fan).
Ho migliorato il mio rapporto con tutti quei piccoli gesti collaterali alla pratica sportiva strictu sensu - le chiamerei finezze - che hanno ricadute positive su ogni aspetto del mio modo di vivere la corsa.
Ho affrontato la mia prima (breve) gara di trail senza acciacchi del giorno dopo o problemi fisici di alcun tipo - e mi sono pure divertito come un matto.
E sì, ho migliorato il mio personale sulla Mezza Maratona, portandomi sotto l’ora e trenta minuti sulla distanza - il flex è a solo fine illustrativo.
Mi sembra il modo migliore per mettere un punto a questo periodo di 365 giorni che convenzionalmente abbiamo definito 2023.
Che anno è stato per il podismo?
Il 2023 è stato un anno rivelatorio per il podismo professionistico.
Dopo le prime avvisaglie dello sterminato talento di Kelvin Kiptum già a fine 2022, nel 2023 il ventiquattrenne kenyano si è trasfigurato ed è passato in pochi mesi dall’essere una minaccia al monopolio di Kipchoge a essere l’uomo da battere.
Kiptum aveva esposto il record di Kipchoge a una sorta di ““fragilità”” (doppio set di virgolette alte necessario) già ad aprile, con il suo tempo monstre di 2.01.25 alla maratona di Londra. I dubbi sono stati ampiamente fugati nella giornata storica della maratona di Chicago, 8 Ottobre 2023, quando Kelvin Kiptum abbatte il precedente record di quaranta secondi, portando l’uomo a una trentina di secondi dal fatidico tempo di 1.59.59.
Siamo a un giorno dall’inizio dell’anno in cui l’essere umano presumibilmente correrà una maratona ufficiale sotto le due ore. È impossibile non provare una sorta di eccitazione.
Continua a stupirmi la calma zen con cui un istituzione come Kipchoge sta abdicando al suo trono. Mi fa pensare alle parole che Dante mette in bocca ad Oderisi da Gubbio nel canto XI del Purgatorio.
Credette Cimabue ne la pittura
tener lo campo, e ora ha Giotto il grido,
sì che la fama di colui è scura: 96
così ha tolto l’uno a l’altro Guido
la gloria de la lingua; e forse è nato
chi l’uno e l’altro caccerà del nido. 99
Non è il mondan romore altro ch’un fiato
di vento, ch’or vien quinci e or vien quindi,
e muta nome perché muta lato. 102
Attenzione. Il “mondan romore” potrebbe ancora far risuonare una tromba per Kipchoge: quella dei Giochi Olimpici di Parigi 2024. Dove il più grande maratoneta degli ultimi quindici anni non può partire sfavorito.
Qualche indizio ci verrà dato a marzo, quando Re Eliud tornerà a Tokyo, su strade per lui lastricate di oro olimpico, per affrontare il suo ultimo impegno prima delle Olimpiadi - nello stesso periodo, sulle rapide strade di Rotterdam Kelvin Kiptum proverà a migliorare il suo record (parole sue). La data che potrebbe avvicinarci al 1.59.59 è il 14 aprile 2024.
A Parigi ci sarà con ogni probabilità anche il fresco vincitore (con record) della maratona di New York, Tamirat Tola, già campione del Mondo a Eugene.
Chi non potrà mancare nella gara femminile è Tigist Assefa: la campionessa di Berlino 2023 ha frantumato il record femminile di quasi due minuti. Alla terza maratona in carriera, Assefa a corso a Berlino in 2.11.53. A condividere la canotta etiope con lei ci sarà Letesenbet Gidey, volto di punta del NN running team, dopo un 2023 di conferma ai massimi livelli. Per il Kenya, difficile non pensare a un posto per la vincitrice di due Major nello stesso anno: Hellen Obiri, protagonista della vittoria più emozionante del 2023, quella della Maratona di New York femminile.
In pista saranno presenti l’enfant prodige Jakob Ingebrigtsen, con tutti i denti avvelenati del caso da togliersi con Josh Kerr - che ad agosto gli ha tolto nella volata finale la medaglia d’oro mondiale sui 1500 metri (i due sono stati protagonisti di un battibecco acceso nell’ultimo periodo) - e Joshua Cheptegei, che i denti avvelenati da togliersi li ha con sé stesso e con la voglia di rivalsa dopo il suo esordio in maratona, a Valencia, non andato secondo i piani.
Alcuni pezzi di cui vado fiero
C’è il pezzo a quattro mani con
, autrice di .Poi c’è questo esperimento collaborativo con
di Mappe, in cui approfondiamo il passaggio di testimone generazionale tra Kipchoge e KiptumPer restare in tema apprendimento, le cose che ho imparato durante la mia prima vera preparazione per una gara.
Infine, un’intervista con uno sportivo d’elite e grande appassionato di running: Paolo Marconi, campione di SUP.
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