21,097 pensieri per la preparazione atletica
Dopo tre mesi di preparazione atletica comincio a tirare le somme su questa esperienza.
Sono arrivato in fondo alla peak week della mia preparazione atletica alla Mezza Maratona di Ravenna, che correrò il prossimo 12 novembre.
Per la terza volta consecutiva correrò una gara a casa mia, dove tutto due anni fa è iniziato. Una città paradossalmente tagliata fuori da qualsiasi raccordo viario del nord Italia, tanto ferroviario quanto autostradale - destino simile a quello di Ferrara - eppure capace di suscitare fascinazioni poetiche mica da poco.
C’era Montale che respirava nell’aria fuliginosa della primavera di Ravenna una dolce ansietà d’Oriente - memoria del passato bizantino, degli ori luminosi dei mosaici e degli umili ammattonati disadorni delle facciate; c’era Tolkien che annotava sulla sua mappa della Terra di Mezzo che, se Hobbiville fosse stata alla latitudine di Oxford, la città di Minas Tirtith, 600 miglia più a sud, sarebbe stata alla stessa latidudine di Ravenna. Ricordandola, con il suo sfarzo tardo imperial-decadente, levantino.

Ma torniamo alla corsa, visto che mi sono fatto prendere dal racconto di Ravenna e non ho spiegato cosa sia una peak week. Nella preparazione per una gara di endurance, come la Maratona - o la Mezza Maratona nel mio caso - la peak week è l’ultima settimana all’interno del ciclo di preparazione in cui il corpo viene spinto un centimetro più in là.
A tre settimane dalla mia gara, i sette giorni appena conclusi sono stati quelli in cui:
ho percorso più kilometri totali;
ho fatto l’allenamento di qualità più duro (ripetute sui duemila metri);
ho percorso la distanza maggiore durante il lento lungo;
ho tenuto, in generale, il volume di allenamento più alto sotto.
Da qui in poi, è tutta in discesa fino al giorno della gara. Sì, per modo di dire… ci saranno ancora ripetute, ci saranno ancora lunghi, ci saranno ancora allenamenti ansiogeni: per dire, la prossima settimana tocca provare a correre dodici kilometri a ritmo mezza maratona.
Può andare tutto bene, e avrò ravvisato che tutti i miglioramenti che speravo avvenissero sono effettivamente arrivati; ma può anche andare tutto meh, e mi renderò un po’ tragicomicamente conto di essere molto più lento di quanto pensassi.
In ogni caso, uno dei periodi sportivamente più intensi, e più mentalmente e fisicamente impegnativi della mia carriera sportiva da runner sta per concludersi.
Visto che tra alcune buone abitudini che ho approcciato in questo ultimo periodo, quella che si sta rivelando la mia preferita è prendere note a mano, ogni giorno a fine giornata, approfitto di questo spazio per condividere alcune delle mie annotazioni sull’allenamento, e sul periodo di preparazione in sé.
Ci sono elementi di questa preparazione che credo valga la pena registrarsi: sono cose in parte molto legate al running, in parte dotate di un’estensibilità tale che le rende adatte a coprire spaccati di vita che vanno oltre lo sport.
Ecco qui una lista di 21,097 punti - sì, la mezza maratona è lunga 21,097 kilometri, so che te lo sei chiesto. Li ho chiamati pensieri, con buona pace del povero Marco Aurelio, che era uno che di note taking ci capiva qualcosa.
I 21,097 pensieri
L’allenamento è la cosa più importante della preparazione. Il riposo è la cosa più importante della preparazione. L’alimentazione è la cosa più importante della preparazione. Per farla breve: ogni fase richiede il proprio 100%.
Se, però, dovessi massimizzare un’unica fase oltre all’allenamento sceglierei il riposo.
A proposito di risposo: migliorare la qualità del sonno con pochi, semplici accorgimenti, ha avuto effetti benefici a a cascata, a partire da aspetti non secondari come un buon umore durante le corse. Non puoi allenarti bene se hai riposato male. Pro tip: I dati sul recupero forniti da alcuni orologi hanno l’attendibilità di un guru del dropshipping che vive a Dubai - no dai, non sono attendibili, ma comunque più di così.
In linea generale, quello che succede durante una preparazione dipende al 50% da te; al 50% da cause esterne, in positivo o negativo. Il modo di rispondere a quello che accade, invece, dipende al 90% da te - frase un po’ fatta, ma le frasi fatte hanno un fondo di verità.
Le ripetute sono il tipo di allenamento da cui ho imparato più cose, e da cui penso che chiunque possa imparare più cose.
Lezione 1. Fare qualcosa di scomodo senza motivo ha un senso relativo. È tutt’al più una prova di forza. Andare contro alle cose scomode quando queste sono il passaggio necessario per il raggiungimento di un obiettivo finale: lì sì che a fine allenamento ti senti proprio bene.
Lezione 2. Quando sei davanti a un 8x1000 metri, scomporre il problema in otto piccole frazioni da un kilometro ciascuna rende l’allenamento più digeribile che non pensarlo come un blocco unitario. La stessa cosa si applica in un sacco di situazioni reali: per affrontare una sfida insormontabile, scomponila, analizzane le parti e affrontale al massimo una alla volta.
Lezione 3. Non c’è musica che tenga: le ripetute faranno male, non importa quanto forte tu stia passando A Vulgar Display of Power dei Pantera nelle cuffie.
A proposito di musica: allenarsi con la musica è bello, allenarsi con i podcast è bellissimo, allenarsi senza niente è divino. Pro tip: una volta ogni tanto, soprattutto se la corsa è facile, prova a correre senza cuffie. Poi mi dici.
La preparazione, che consiste di azioni metodiche volte al raggiungimento di un obiettivo finale, è stata un ottimo momento per mettere in prospettiva e sistematizzare alcune aree e aspetti della mia vita, con benefici collaterali che non mi sarei aspettato.
Ad esempio, avere una tabella di marcia mi ha aiutato a sviluppare routine di azioni virtuose, che vanno oltre il concetto di “cosa utile al fine di migliorare il tempo finale”, ma che contribuendo al mio benessere generale mi hanno aiutato ad affrontare in maniera migliore gli allenamenti. Vedi l’applicarmi assiduamente a portare avanti una routine di stretching, o l’adozione comportamenti positivi legati al sonno.
Scrivi. Annota quello che succede durante il periodo che stai dedicando alla preparazione. Lo fanno tantissimi professionisti di tantissimi sport individuali - o chi per loro: l’importante è qualcuno prenda nota. Annota tutto quello che ricordi sugli allenamenti: come ti sei sentito, quando hai provato difficoltà. Confronta quello che è successo in allenamenti simili a distanza di una settimana l’uno dall’altro, a un mese l’uno dall’altro.
Poi, prova a replicare quello che pensi possa averti fatto bene in una particolare circostanza, durante un particolare tipo di allenamento, e se durante un’attività analoga replicando il comportamento incorri nuovamente in risultati buoni crea una routine. Anche qualora la misura fosse dettata solo ed esclusivamente da un effetto placebo, potrai trarre beneficio dall’influenza che i pensieri positivi esercitano sui nostri comportamenti.
Andare in palestra a fare pesi ti può salvare da un infortunio. Allena le gambe, spingi, carica, ma con criterio: pianifica ed esegui tutto anche in questa fase, perché come diceva Eisenhower pianificare è tutto, i piani sono nulla.
Cosa intendo dire? Che il piano di allenamento finale che un preparatore o chi per lui ti lascia in mano è una traccia, una specie di GPS, un’ideale. Ma l’ideale è relegato, appunto, al mondo delle idee. La tua maturità di atleta si vede nel momento in cui sai adattare la traccia al feedback che il tuo corpo ti dà nel mondo reale e al modo in cui ti senti.
Ad esempio: la traccia dice ripetute, ma sei stanco morto? Esci a farti una corsa lenta. Non succede nulla, se poi torni velocemente sul percorso. Anzi: la pianificazione non è il fine, la pianificazione è il mezzo per arrivare all’obiettivo.
Pro tip. Quando sei per strada e sei stanco morto, ma manca ancora tantissimo a casa, pensa a far sembrare che la tua corsa, dall’esterno, sia percepita come facile. Come dicono i coach ai migliori atleti del mondo mentre seguono atleti in bicicletta che stanno correndo ripetute a 2.30 minuti al kilometro: make it look easy.
Cosa intendo? Guardiamo questo video di Eliud Kipchoge al 41esimo kilometro della maratona di Berlino 2022 - stravinta, con tanto di record mondiale (poi battuto nelle scorse settimane da Kiptum). Sembra che stia facendo jogging, vero? Beh, sta correndo ad un passo compreso tra i 2.50 e i 2.55 minuti al kilometro. Una follia.
La corsa lenta non soltanto è necessaria per migliorare le prestazioni, ma è anche un ottimo modo per scaricare tensione nei giorni successivi a un allenamento intenso. In pratica, la corsa lenta velocizza il recupero.
Durante la corsa lenta, meglio andare più lenti che più veloci. Anche se non sarà mai del tutto facile abituarmi a vedermi sorpassare da qualcuno mentre faccio la corsa lenta.
Il bello di una preparazione atletica è proprio qui: non fare quello che è facile, o quello che ci si sente. Bisogna fare le cose necessarie al proprio massimo.
0.097. Divertiti. L’ultimo punto è un po’ quello banale che tutti ci aspettavamo, ma è così che funziona. In fondo, lunghi, ripetute, medi, corse a tempo contano poco presi per sé. Gioire delle piccole conquiste, dei miglioramenti, del vedersi stare sempre meglio, dell’avere la possibilità di allenarsi e aggrapparci a un obiettivo sfidante: alla fine è questo che conta.
Per chi è arrivato fino in fondo…
El nino, un fenomeno climatico ciclico con cadenza compresa tra i 2 e i sette anni, è stato confermato per il 2023-2024 già qualche mese fa, ma nessuno dei media più importanti sembra aver dato importanza alla cosa - che invece dovrebbe preoccuparci eccome. Qui un video sintetico che spiega di cosa si tratta.
Intanto, come scrive il Guardian, gli incubi per l’Amazzonia non stanno finendo - ed El nino potrebbe avere conseguenze ancora più gravi per l’intero Sud America. Qui l’articolo.
A proposito di Sud America: cos’è questa passione per gli strongmen di destra che è nata in Argentina? Una puntata di Corriere Daily racconta Javier Milei alla luce delle presidenziali (il paese al voto domenica 22 ottobre).