Laboratorio Berlino
Breve storia dei cinquant'anni della Maratona di Berlino - La Maratona di Berlino 2024: com'è andata la gara degli elité? - Cosa c'è dietro a una gara da 58 mila podisti?
Buongiorno a tutte e tutti!
La rituale presentazione: A Cosa Penso Quando Corro? è uno spazio in cui si parla di running, come sport da guardare, come sport da praticare; come fatto sociale, economico, culturale e introspettivo.
E che esce ogni due domeniche alle 10 del mattino.
Per recuperare le puntate precedenti potete consultare l’archivio di ACPQC?
Sono passati esattamente dodici mesi da quando le strade di Berlino hanno smesso di essere le più veloci al mondo quando si parla di correre Maratone. Almeno sulla carta dei record. Chicago ha rubato alla città, alla Germania e all’Europa questo primato.
I rettilinei dritti di Chicago sono stati più dritti del solito? O il merito va dato al vento dell’Illinois, che una buona volta si è dato una calmata? Oppure, ancor più per il fatto di essersi dato una calmata, al vento va dato merito di aver soffiato dal verso giusto, e quindi sulle terga fasciate di tessuto tecnico Nike blu elettrico di un ventitreenne della tribù Kalenjin (il 76% dei runner professionisti keniani sono Kalenjin), che ha terminato la gara appena trentasei secondi sopra le colonne d’Ercole del final time dei final time di 1:59:59?
Non lo so: forse tutte e tre o quattro le cose insieme.
Fatto sta che Berlino se ne è fatta una ragione e il 29 settembre 2024 ha celebrato il cinquantesimo anniversario della sua Maratona.
In questa puntata partiamo da una breve storia della Berlin’s people marathon, dalla Germania Ovest al Mondo. Poi, andiamo a vedere com’è andata la gara degli elité. Infine, due chiacchiere con un ex berlinese, e quest’anno addetto ai lavori di distribuzione televisiva dell’evento.
Una Storia del Novecento
È passato mezzo secolo da quando un panettiere di nome Horst Milde - appassionatissimo di corsa (c’è un fil rouge strano tra i panettieri e l’endurance, ve lo ricordate Dorando Pietri?) - si inventa una corsa ricreativa nelle campagne che circondando il capoluogo: la Berlin’s People Marathon. Anche senza un coinvolgimento diretto negli affari storici più rilevanti, come ogni storia tedesca degli anni ‘70 la vicenda della Maratona di Berlino è inscindibile dalle profonde divisioni che percorrono la città fino nell’intimo. E qual è l’intimo di una città se non la sua topografia? Per dire: il muro. Quello stronzo se ne stava lì, con checkpoint Charlie e il filo spinato: pensa dover ricavare 42 chilometri di percorso per una maratona dalle strade di una città e non poterla neanche usare tutta. Purtroppo, però, non è che se un bel giorno Herr Milde si sveglia e pensa che dotarsi di una gara podistica cittadina - come fanno a Boston da circa 70 anni, New York da un paio d’anni e adesso anche alcuni centri della Germania Ovest - sia un’idea carina, allora il muro smette di esserci. No. Non ce l’ha fatta il krautrock, non ce la farà David Bowie. Neanche la corsa è stata in grado di tagliare i tempi, nemmeno di scalfire le severe restrizioni attraverso deleghe speciali in nome della fratellanza nello sport. Se stai a Est non corri la Maratona che organizzano a Ovest.
Forse mi sono fatto prendere la mano, e sto caricando sulla corsa in generale e su questa corsa in particolare dei significati che, in fondo, non ha. È una pratica comune a tutti noi appassionati di qualcosa - e noi appassionati di corsa in particolare: cercare letture più o meno universali negli interstizi più banali di quello che facciamo. Se un certo contesto storico ci dà manforte, poi, è finita: tanto vale cominciare a scrivere fan fiction. Ma come possiamo stare a pretendere che nell’ottobre del 1974 - con l’orologio dell’Apocalisse puntato a una manciata di giri dalla mezzanotte atomica - 286 tedeschi avessero in testa di cambiare il mondo correndo una Maratona? Horst Milde e i membri del Charlottenburg Sport Club, “la squadra di atletica più prestigiosa di Germania” avevano solo voglia di divertirsi: e poi - colpo di scena - le prime sette edizioni, tra il 1974 e il 1981 al muro non ci si avvicinarono neanche, ma proprio per niente. Milde e i suoi compagni di squadra correvano riparati all’ombra della foresta di Grunewald, nell’area più occidentale di Berlino Ovest, a cavallo tra il settore Britannico e quello Statunitense: proprio nel quartiere di Charlottenburg.

Le prestazioni dei prodi tedeschi pionieri della moda di correre maratone ricreative furono tutto sommato modeste: tra i 236 uomini che portarono a termine la Berlin’s people marathon il tempo del vincitore maschile della prima edizione, Günter Hallas, fu di appena 2 ore e 44 minuti - quando il record mondiale era già stabilmente sotto le 2 ore e dieci. La gara femminile, per quanto partecipata da un modesto numero di atleta, fu la cartina al tornasole di un passaggio a tempi migliori che si stava propagando da oltreoceano: sulle gambe di Bobbi Gibb e Katherine Switzer, dopo un lustro di battaglie nel 1972 la Maratona di Boston aveva finalmente sdoganato la partecipazione femminile a eventi podistici di massa. Per Milde non si pose mai il dubbio e Jutta von Haase fu la prima campionessa femminile di Berlino con un tempo di 3 ore e 22 (il record del mondo femminile nel 1974 è a 2 ore e 46).
A mostrare al Mondo come la Maratona di Berlino abbia la velocità nel proprio DNA fin da subito, quando il bosco di Grunewald racchiudeva come un carillon i loop dei podisti, è il record del Mondo femminile del 1977: bastano tre anni e la IAAF ratifica a Christa Vahlensieck un record per la Maratona femminile, a 2 ore e 34 minuti (migliora di circa sei minuti il proprio personale e di un pugno di secondi il record vigente).
Intanto, gli Inglesi, i Francesi e gli Statunitensi adocchiano la gara, e soprattutto il numero crescente di partecipanti che si presentano allo start. Perché non uscire dalle frasche di Grunewald e andare, invece, per le strade di Berlino Ovest? La proposta viene formalizzata nel 1981: lo Sport-Club Charlottenburg accetta di ottimo grado! La Maratona di Berlino diventa l’evento podistico più importante per una Nazione piena di grandi eventi, sia a Ovest che a Est - la tradizione di maratoneti sovietici è di altissimo profilo. E il numero di partecipanti cresce, fino ai 16 mila podisti dell’edizione 1989.
Poi, un paio di mesi dopo quella gara, ecco il 9 novembre 1989
Il muro cade, il Secolo Breve finisce, e la prima stagione della Maratona di Berlino si chiude. Nel 1990 comincia il secondo tempo, e si gioca in entrambi i settori della città: la vittoria simbolica è di tutti i berlinesi, ed è suggellata dalla sfilata dei podisti sotto gli archi di Brandeburgo - si racconta di lacrime e di commozione, per tanti giovani podisti sotto i trent’anni è il passaggio a una specie di Mondo nuovo; per altri è l’abbraccio di bentornato da parte della propria città. Per quanto in tante occasioni la Storia ci possa sembrare fin troppo esperta nel parodiare sé stessa per sottolineare il peggio di quanto ci ha dato in sorte di testimoniare, a volte la stessa sembra quasi troppo brava anche a fare il contrario: e cioè a mostrarci nella banalità delle piccole cose i segni migliori lasciati dal suo passaggio. La prima vincitrice femminile della Maratona di Berlino unificata è una ragazza di Lipsia, Germania Est: Uta Pippig. Già campionessa nella Maratona della sua città, scalpita per correre a Berlino; ma - ricordate - se sei a Est non puoi correre a Ovest. Quando le circostanze cambiano, al suo debutto berlinese vince: non è una meteora, dato che aggiungerà al palmares altre due vittorie a Berlino, una vittoria a New York e tre a Boston.
Fino ad oggi
In mezzo secolo sotto le strade dritte e piatte che conducono alla Porta di Brandeburgo sono sfilati quattordici record del mondo - l’ultimo in ordine cronologico è quello del 2022 di Eliud Kipchoge (2.01.09). Alcune prove spartiacque del podismo su strada sono passate da Berlino: la consacrazione del percorso è del 1998. Con un numero record di 27 mila partecipanti, il brasiliano Ronaldo Da Costa fa il record del Mondo. La gara finisce nel mirino dei big dell’Africa Orientale. Il keniano Paul Tergat nel 2003 non solo fa il record del Mondo, diventando il primo uomo a infrangere la barriera del suono che sono le 2 ore e 5 minuti: ma inizia anche un intenso ventennio di dominazione Etiope-Keniana.
La Maratona di Berlino è stata il palcoscenico, parco giochi, luogo sicuro di tre atleti, due etiopi e un keniano: Haile Gebrselassie, Kenenisa Bekele, Eliud Kipchoge. Il blasone dei tre mi toglie dall’impaccio di allungare il brodo con le presentazioni. Gebrselassie vince due volte, nel 2007 e nel 2008, e tutte e due le volte fa il record del Mondo - nel 2008 diventa il primo uomo a scendere sotto le 2 ore e 04. Mentre il record del Mondo scende vertiginosamente sulle gambe di atleti come Wilson Kipsang e Dennis Kimetto (che porta tutti sotto le 2 ore e 3 minuti; avrete notato come nel giro di due paragrafi siamo passati da 2.05 a 2.03), la strada si prepara per l’arrivo di Kipchoge.
La diarchia
Kipchoge corre a Berlino per la prima volta nel 2013; lo stesso anno aveva vinto la sua prima maratona, sempre in Germania, ad Amburgo. A 300 chilometri più a est, nella capitale, le cose non vanno come sperato: la prima a Berlino si chiude con un secondo posto. Il dente avvelenato se lo tiene fino al 2015: Berlino diventa, dopo Londra e Chicago, la terza Major in cui si laurea campione, nel vero senso del termine - i vincitori delle Major vengono inghirlandati con una corona d’alloro.
Come spesso accade, Kipchoge spara, Bekele risponde, e risponde per le rime. Nel 2016 Kenenisa vince con nientemeno che il record nazionale etiope in 2 ore e 3 minuti.
Se già le cose non fossero serie, nel 2018 Kipchoge inizia un nuovo capitolo del discorso attorno al podismo di lunga distanza: chiude la Maratona di Berlino in 2.01.39. Non fa in tempo a godersi gli applausi - è pur sempre il primo a fare meglio di 2.02 - che l’anno dopo Kenenisa Bekele (lo stesso che tante volte lo aveva sfidato in pista, spuntandola in un numero non indifferente di occasioni) fa tremare il record, ma arriva lungo di due secondi: 2.01.41. I tempi sono questi, gli atleti maschili elité riescono a correre per due anni di fila tempi inferiori a 2.02.
Un punto alla questione Berlinese lo mette Kipchoge nel 2022: è il 25 settembre e a tremare non è tanto il record del Mondo, quanto il muro delle due ore. 2.01.09.
Nel frattempo, Kipchoge ha vinto anche l’edizione 2023 della Maratona; quest’anno, dopo la clamorosa debacle olimpica non ha partecipato.
Questo video devo averlo già postato qualche decina di migliaia di volte su questa newsletter. Eliud Kipchoge lanciato sotto la Porta di Brandeburgo per gli ultimi cinquecento metri della Maratona di Berlino 2022 è una gioia per gli occhi.
L’anno dell’Etiopia
Il 2024 ha prepotentemente riportato l’Etiopia al centro del discorso podistico.
Non che quando si parli di atleti e atlete elité l’Etiopia fosse uscita dalla memoria storica degli appassionati: nondimeno negli ultimi tre anni la meteora di Kiptum, la veneranda presenza di Kipchoge e un sistema di evangelisiti che comprende non meno di una trentina di atleti di livello assoluto (penso a Benson Kipruto, Evans Chebet, Alexander Munyao) hanno garantito al Kenya una posizione di assoluto strapotere podistico agli occhi del Mondo dello sport. Per non parlare delle schermaglie tra le top runner femminili, se possibile ancor più entusiasmanti di quelle tra uomini: da una parte ci sono Tigst Assefa e Letesenbet Giddey, che da qualche anno si stanno scontrando con il duo keniano Hellen Obiri-Sharon Lokedi - le due hanno fatto incetta di titoli Major negli ultimi due anni, e il culmine della rivalità (tutta sportiva), soprattutto tra Assefa e Obiri è stato a Parigi 2024, dove tra le due grandi attese l’ha spuntata Sifan Hassan, olandese.
Insomma, il dominio Keniano scricchiola e la rivalità tra le due superpotenze mondiali del fondo ora è apertissima. Dopo la vittoria di Sisay Lemma a Boston e il trionfo olimpico di Tamirat Tola (ne parlo qui), a Berlino il successo etiope è stato praticamente incontrastato. Tra podio maschile e femminile, gli atleti etiopi sono stati cinque, due uomini su tre e uno swipe femminile.
La gara maschile
Il pacchetto degli elité, privato di alcuni nazionali richiamati dall’impegno olimpico, ha subito settato un ritmo gara ai limiti del proibitivo. I primissimi hanno corso i dieci chilometri iniziali in 28 minuti - con una proiezione finale per un tempo di poco superiore alle 2 ore e 1 minuto. Il passaggio alla mezza maratona è stato in 60 minuti e 57 secondi, un tempo perfettamente allineato con la performance di Kelvin Kiptum a Chicago nel 2023.
Ma, laddove Kiptum ha piazzato un negative split tra i più clamorosi nella storia della Maratona, con un’accelerazione bruciante, la seconda parte della gara di Berlino è stato un gioco di tattica, concluso nella maniera più brutale e spettacolare possibile: uno sprint a tre. Milkesa Mengesha, Etiopia; Cybrian Kotut, Kenya; e Haymanot Alew, Etiopia, sono arrivati entro un pugno di secondi l’uno dall’altro. Menghesa ha chiuso in 2.03.17, Kotut è arrivato cinque secondi dopo. Alew li ha guardati da leggermente più indietro.
Kotut tira il gruppo nell’ultimo chilometro. All’ultima curva, prima della porta di Brandeburgo, Menghesa passa all’interno. I due sono appaiati. Menghesa cerca lo lo spazio per scappare, ne ha a sufficienza: per i primi duecento metri Kotut lo bada a vista. Ma poi la fuga riesce: c’è una Porta di Brandeburgo di distanza tra Menghesa e Kotut, mentre il primo esce dal cono d’ombra del monumento il secondo ci entra. È il primo di dieci uomini che correranno sotto le 2 ore e 6 minuti.
Ora, un paio di punti di attenzione. Milkesa Menghesa ha 24 anni, un anno in meno di Kelvin Kiptum. Dopo un brevissimo passato da talento generazionale della pista, ha cominciato a correre maratone da tre anni. Cosa c’è di interessante? Beh, ha vinto la sua prima Major a un’età di cinque anni inferiore rispetto a quella che Kipchoge aveva quando vinse al suo debutto, ad Amburgo. Inoltre, ha registrato un tempo che Kipchoge avrebbe infranto solo dopo tre anni dal suo debutto in maratona.
Così, per dire: di gente pronta a farci saltare sulla sedia ce n’è ancora tanta.

La gara femminile
Un assolo di Tigist Ketema. Il nome non è nuovo, ma quasi. Classe 1998, ha debuttato in Maratona a Dubai a gennaio di quest’anno: ha corso il tempo di debutto più veloce di sempre per un’atleta femminile - oltre che la nona prova più veloce di sempre, in 2.16.07.
A Berlino scappa subito, passa alla Mezza in 1.07.39 e chiude in 2.16.42. Con Ketema e Assefa - l’attuale detentrice del record mondiale della Maratona femminile, conquistato a Berlino nel 2023 con il tempo di 2.11 (ben oltre quello che gli scienziati considerano il 2 hours wall delle donne) - l’Etiopia si ritrova le due potenziali dominatrici della Maratona mondiale per i prossimi cinque o sei anni.
Laboratorio Berlino
Nel pieno rispetto del genius loci proprio della città che la ospita da cinquant’anni, la Maratona di Berlino è un laboratorio culturale, sportivo, scientifico capace di attrarre da vent’anni una media di circa 47 mila runner. Non esiste solo l’attrattiva puramente sportiva che l’evento sa generare per la velocità del suo tracciato: sì, tanti elité (e tanti non-professionisti) battezzano Berlino come luogo in cui andare a prendersi il proprio personale.
Ma con la promessa di un personale di rilievo attiri, forse, i migliori tra i runner professionisti; diverso è il discorso se si tratta di portare in città 58 mila runner da 161 paesi nel Mondo - diventando il grande evento podistico più partecipato nella Storia.
Il blasone sportivo va capitalizzato con la serietà e la meticolosità del lavoro di organizzazione: solo così la SCC Events (dove SCC sta per nientemeno che Sport-Club Charlottensburg, l’organizzazione originale del 1974) si è accaparrata un riconoscimento internazionale, il supporto sia simbolico che economico della politiche locali e nazionali, e il rispetto dei berlinesi. Ne ho parlato con Lorenzo Arrigoni, che ha vissuto a Berlino per tre anni, e che durante l’edizione di quest’anno era sul campo a supportare il lavoro delle troupe per la trasmissione televisiva dell’evento.
Seppure l’iniezione di 50 mila persone nel weekend della gara generi un certo caos in città, il clima si anima in maniera positiva: i berlinesi generalmente vivono bene il rapporto con la gara. Tanti local partecipano, e il fatto che la Maratona di Berlino sia una delle Six Major Marathons è un motivo di orgoglio.
Il chiodo su cui quest’anno l’organizzazione ha battuto di più è stato il cinquantesimo anniversario. La narrazione si è snodata dalla dimensione locale delle prime gare, a una rappresentanza da 161 paesi, con un programma di lottery per scremare l’altissimo numero di richieste di partecipazione.
L’impatto che il turismo sportivo generato dalla Maratona esercita sulla città è significativo. E la politica lavora attivamente per favorire un grande flusso di partecipanti all’evento - questo non accade solo in Germania, ma in tutto il Mondo i governi lavorano per dare supporto a questi eventi, veri motori del turismo.
L’organizzazione dell’evento, la SCC lavora a questa gara davvero tutto l’anno, pur gestendo, al contempo, una serie di gare minori. Se va bene, tirano il fiato un paio di settimane dopo l’evento, ma poi si parte subito a pianificare per l’anno successivo: dai contatti con gli atleti (che hanno schedule preparati con molto anticipo per gestire al meglio le preparazioni), a quelli con la municipalità, il governo, gli sponsor e i partner come noi.
Ma quanto è grande questa maratona?
Diamo qualche numero per focalizzare al meglio le dimensioni della Maratona di Berlino. Nel 2022 l’impatto economico dell’evento sulla città è stato di circa 150 milioni di euro, con un afflusso che, tra runner e spettatori dell’evento, si è assestato attorno alle 250 mila persone. Per l’edizione del 2024 possiamo immaginare cifre da correggere in eccesso. Si stima che quest’anno solo le quote di iscrizione abbiano generato su per giù 7 milioni e mezzo di Euro - questa ballpark figure non tiene conto di tutte le modalità di iscrizione che prevedono un qualche tipo di donazione a una delle numerose charity affiliate all’evento. Quasi la metà degli spettatori provenivano da fuori dal paese (qui la fonte): con un calcolo molto lasco, possiamo pensare che ogni podista si porti dietro un gruppo famiglia-amici di circa quattro persone. Per i locali si parla di circa 10 mila posti di lavoro creati per attività di gestione degli afflussi e hospitality in generale.

Quante banane si mangiano a Berlino?
Il sentiment positivo a livello economico e culturale di questi eventi purtroppo non toglie quello di cui parlavo qualche settimana fa sui possibili danni ambientali di spostamenti tanto massicci di persone, soprattutto gli internazionali con famiglie al seguito. Leggi qui l’articolo. Intanto, l’organizzazione assicura che dal 2021 i bicchieri lasciati agli atleti ai ristori lungo il tragitto sono tutti di plastica riciclata. È un inizio, ma è un po’ poco rispetto a quanto fatto in altre gare. Nel 2024, i bicchieri di plastica riciclata consegnati ai podisti durante i ristori sono stati 1 milione e 250 mila, a cui vanno aggiunte 75 mila non meglio specificate reusable drinking cups distribuite a un ristoro sul percorso (qui la fonte).
Per il rifocillamento degli atleti sono state distribuite 120 mila organic bananas - le parole scelte dall’organizzazione si fanno sempre più sospette - e 80 mila mele da coltivazione locale - okay, naming decisamente paraculo. Da mandare giù con 250 mila litri di freschissima tap water - qualità testata.
Live from Berlin
A Lorenzo Arrigoni ho poi chiesto di parlarmi di più del suo lavoro, che è molto interessante: si è occupato della distribuzione dell’evento a livello internazionale, e in modo particolare della messa in onda televisiva. Oltre che per la Maratona di Berlino, con la sua agenzia ha lavorato anche per Cape Town, Sidney, Roma e Shangai.
Quello che vendiamo a livello di contenuto televisivo per conto delle Organizzazioni sono le gare degli elité maschile e femminile. Per quanto riguarda Berlino, lo facciamo in tutto il Mondo a eccezione della Germania, dove la SCC ha già un accordo con una TV locale. Io sono stato a Berlino a supporto delle richieste televisive di alcune troupe. Ci piace stare sul campo. Per esempio: abbiamo dato supporto a una troupe dal Kenya che era venuta per fare un collegamento on-site per seguire gli atleti del Paese.
Ho poi chiesto a Lorenzo come viene preparata la messa in onda di un evento come una grande Maratona.
La preparazione è tutto sommato tranquilla. A differenza di una stagione sportiva, o di un evento a più tappe, ai clienti internazionali viene venduto un segnale che dura tra le tre o quattro ore. È un evento breve in termini televisivi, e di conseguenza il lavoro di preparazione è leggermente inferiore.
Con alcuni però: così come il running sta crescendo in popolarità da un punto di vista di partecipazione attiva, e tanti amatori si avvicinano agli eventi di massa, anche la copertura televisiva sta cambiando e le tv sono sempre più interessate a proposte di pacchetti di più gare da trasmettere durante l’anno.
E a livello di ascolti?
Per quello che riguarda il mio lavoro specifico, non ci sono dei veri e propri obiettivi a livello di ascolti: noi cerchiamo di trovare un punto di equilibrio tra l’esposizione televisiva - una componente fondamentale per gli sponsor, il vero ago della bilancia quando si parla di incassi per un grande evento come una Maratona - e il valore commerciale generato. Per aiutarci a capire: la (s)proporzione tra impatto degli sponsor e dei media è 95-5 a favore dei primi. Ma gli sponsor arrivano se c’è esposizione, quindi è un po’ un circolo.
Per quanto si parli di un impatto relativamente modesto da un punto di vista televisivo, la crescita negli ultimi cinque anni è stata esponenziale. Le TV oggi non hanno problemi a mettere in onda eventi di questo genere, pur essendo legati per esigenze organizzative ad orari scomodi - le maratone si corrono generalmente al mattino presto per sfruttare il fresco delle prime ore del giorno - fino al problema del fuso orario, che differenzia molto i possibili scenari di pubblico.
Conclusione
Mentre questa puntata esce - è la mattina di domenica 13 ottobre 2024 - mancano poche ore all’inizio della Maratona di Chicago, la seconda delle tre Major autunnali. In realtà, mentre stai leggendo potresti già essere in grado di googlare il nome dei vincitori. Come dicevo in apertura, Chicago l’anno scorso ha rubato a Berlino lo scettro della gara più veloce del Mondo. Altre gare insidiano il primato berlinese: due in particolare sono Londra e Valencia, entrambe (al pari di Chicago) testimoni della folgorante Epifania di Kelvin Kiptum. La seconda, che non è una Major (ma viene unanimemente considerata tale), ha visto per due anni di fila un vincitore infrangere il primato del percorso in un tempo inferiore alle 2.02. Non era mai successo: se non a Berlino. Berlino è la città che ci ha mostrato per la prima volta quello che l’essere umano può raggiungere quando si parla di ridefinire i limiti della Maratona. Berlino è la città a cui guardare per cercare un record.
Se c’è un laboratorio dove la Maratona sotto le due ore può essere fantasticata, concepita, studiata e, perché no, eseguita, allora quel posto è Berlino.
Ringraziamenti
Per questa puntata ringrazio Lorenzo Arrigoni per la disponibilità, gentilezza e cortesia nel rispondere alle mie domande. Un ringraziamento speciale va anche a Giovanni Armanini di Fubolitix, che mi ha messo in contatto con Lorenzo.
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