Buongiorno a tutte e tutti!
Dovrebbe essere la seconda puntata dell’anno, ma in due settimane mi sembrano già successe un numero di cose buone per riempire sei mesi.
Per tutte e tutti i (tanti) nuovi arrivati, oltre a un grande benvenuto, la presentazione: A Cosa Penso Quando Corro? è uno spazio in cui si parla di running, come sport da guardare, come sport da praticare; come fatto sociale, economico, culturale e introspettivo.
E che esce ogni due domeniche alle 10 del mattino.
Per recuperare le puntate precedenti potete consultare l’archivio di ACPQC?
Sono passati quattro mesi da quella domenica di inizio ottobre in cui annunciavo che ACPQC? si sarebbe dimezzata. Da una volta alla settimana - e quindi su per giù quattro volte al mese - a un’uscita ogni quindici giorni, una domenica sì e una no. Questa scelta mi ha aiutato a costruire una newsletter molto più a mia immagine: un calendario di pubblicazione più rarefatto meglio si concilia ai ritmi in questa fase della mia vita, e mi garantisce quasi sempre il tipo di approfondimento che spero di essere in grado di dare. La risposta da parte vostra che siete la controparte imprescindibile di questo tipo di lavoro mi sembra buona, e per questo vi ringrazio di cuore, ancora una volta.
In questi quattro mesi - facciamo cinque e mettiamoci dentro anche settembre, con l’inizio della nuova stagione - abbiamo parlato di tanti temi: abbiamo raccontato atleti, gare, problemi, speranze che circondano il podismo in tante sue sfaccettature. Mi sono aperto all’atletica in maniera molto più pervasiva, ho lasciato che gli sprinter (ma anche i saltatori e i lanciatori) cominciassero a fare compagnia a quei poveri diavoli dei fondisti e dei mezzofondisti.
Cosa succederà questa primavera?
Ho già cominciato a mettere a punto un piano per coprire al meglio la ricca programmazione sportiva della primavera 2025: i fatti da raccontare e i personaggi di cui scrivere sono veramente tanti!
Nella puntata di oggi voglio evitare di scrivere una monografia comprensiva, come fatto nelle ultime puntate: mi va di sperimentare un nuovo formato. Provo a tratteggiare in qualche breve punto alcuni dei temi sportivi che domineranno le prossime settimane, e che man mano verranno poi approfonditi e sviscerati nelle newsletter dei prossimi mesi, con puntate apposite.
Nota a margine. Comunque dai, diciamoci la verità: nel grigio di queste giornate di gennaio - una indistinguibile dall’altra - è proprio bello parlare di primavera come se il tepore del sole potesse già accarezzarci nei lunghi tramonti dell’ora legale (lo so, sto in fissa con sta benedetta ora legale: che tra l’altro quest’anno arriverà tardissimo, al penultimo giorno di marzo. Ecco, idillio spezzato).
Se ne ho dimenticato qualcuno, o se ce n’è qualcuno di cui vorresti che scrivessi più o prima degli altri fammelo sapere con un commento.
1. La stagione indoor è pronta a decollare
Siamo di fronte a un anno lunghissimo - e per certi versi di rottura - per l’atletica (ci arriviamo tra poco). Come sempre il primo trimestre sarà dominato dai grandi meeting indoor. Mentre siamo ancora presi a smaltire la sbornia di Parigi 2024, squadre e atleti cominciano a gettare le basi per il prossimo quadriennio olimpico: la stagione indoor serve a prendere il polso dell’anno che sarà, ed è il primo mattoncino su cui costruire il nuovo ciclo. Ci sono due meeting principali a cui prestare attenzione: il primo è il campionato Europeo, che si terrà ad Apeldoorn, nei Paesi Bassi nel weekend tra il 6 e il 9 marzo. Il main event, però, sarà in Cina: Nanchino raccoglie il testimone di Glasgow e tra due mesi esatti (nel weekend del 21-23 marzo) ospiterà i mondiali indoor World Athletics.
Nanchino è solo la punta dell’iceberg, perché tutti i weekend invernali sono disseminati di tanti meeting minori del World Athletics Indoor Tour. Questi meeting possono essere sia tematici (ad esempio, ci sono meeting dedicati a una singola disciplina) che misti, e come ogni prodotto World Athletics che si rispetti sono divisi in categorie, a seconda del prestigio di partecipanti e posta in palio - le categorie sono quattro Challenger, Bronze, Silver, Gold. Gli eventi Gold sono il piatto forte, visto che attirano i big che vanno a testare la condizione per la stagione outdoor, ma non sottovalutiamo i Challengers, soprattutto in anni di transizione come il 2025. Domenica 12 gennaio a Bergamo, per esempio, la sprinter italiana Kelly Doualla (nata nel 2009) appena ammessa tra le allieve essendo entrata nel suo sedicesimo anno di età, ha fatto registrare alla FIDAL due record italiani sui 60 metri, sia quello U18 che quello U20: Doualla ha corso la finale di categoria in 7”27 (ma aveva già raggiunto l’obiettivo in batteria, con 7”31 - il record U20 era fermo a 7”35).
Un evento Gold di cui probabilmente sentiremo parlare è il New Balance Indoor Grand Prix di Boston, del prossimo 2 febbraio: gli ultimi due campioni olimpici dei 100 metri, Marcel Jacobs e Noah Lyles si troveranno uno contro l’altro sui 60 metri, per la prima volta dalla finale olimpica di Parigi.
2. Grand Slam Track: atto I
Ultimamente ha cominciato a prendere piede questo sentimento diffuso che l’atletica leggera come movimento (e quindi, possiamo dire, World Athletics) sia tanto eccitante quanto scarsa nel capitalizzare l’hype che le grandi gare sono capaci di generare - su tutte la finale Olimpica dei 100 metri, dei 200 metri e della 4x100 metri.
Non è un pensiero del tutto falso. A ravvivare gli animi ci ha provato Netflix con la serie Sprint, nella quale si drammatizza all’inverosimile la vita degli sprinter, provando a innescare l’elemento narrativo in grado di infiammare più di ogni altro il pubblico: la rivalità. L’operazione è nata sulla falsariga di esperimenti come Break Point per il tennis e soprattuto del più riuscito Formula 1: Drive to Survive, che ha ridato smalto alla lega automobilistica più importante del Mondo aprendosi a un pubblico nuovo, non tecnico e ingaggiato nello sport non per le questioni strategiche o ingegneristiche ma per il pathos puro, quel tipo di castelli nell’aria a cui - devo essere sincero - non penso che i piloti diano poi così tanta importanza.
L’esito di Sprint è uno snì, non si è smosso poi più di tanto. Mentre i velocisti lavorano incessantemente sul proprio personal brand per alimentare l’eccitazione attorno alle loro figure di uomini e donne più veloci del Pianeta, anche World Athletics sta pian piano alzando le antenne e ha cominciato con questa storia delle rivalità, con una serie di post su Instagram - trasversali, non solo dedicati agli sprinter.
Ma c’è qualcuno che ha preso ancora più seriamente la cosa, e che l’anno scorso ha annunciato la nascita di un nuovo progetto: si tratta nientemeno che del leggendario Michael Johnson, che nel 2024 ha presentato la Grand Slam Track (ora avete capito perché è l’uomo copertina di questa puntata).
La Grand Slam Track ruba il nome dal tennis e ha un obiettivo chiaro: creare una lega professionistica globale per dare una cadenza regolare agli scontri tra superstar dell’atletica. In breve: creare rivalità, e con le rivalità portare hype; e con l’hype soldi.
In quattro punti:
Le discipline sono divise in sei gruppi: sprint brevi (100/200 metri), sprint lunghi (200/400 metri), ostacoli brevi (110 metri ostacoli + 100 metri), ostacoli lunghi (400 metri ostacoli + 400 metri), mezzofondo (800/1500 metri), fondo (3000/5000 metri).
Nel 2025 ci saranno quattro meeting in tutto, che si terranno a partire tra aprile e giugno. Le location saranno Kingston, Jamaica; poi Miami, Philadelphia e Los Angeles, Stati Uniti. Ogni meeting ospiterà solo tre gruppi di discipline. Ogni gruppo di discipline sarà ripetuto per due volte.
Gli atleti nella lega saranno un massimo di 96: 48 uomini e 48 donne, per un totale di otto atleti uomini e otto atlete donne per disciplina. Gli atleti non si iscrivono per singola disciplina, ma per pacchetto completo del gruppo di discipline. Esempio: se Zharnel Huges fosse inserito nel gruppo degli sprint brevi nell’arco di un weekend dovrà correre sia i 100 che i 200 metri.
A loro volta, gli atleti sono divisi in due gruppi: i racer e i challengers. I racer sono le superstar più acclamate, i challengers dei nomi nuovi che dovranno scalzare il dominio delle superstar. Ad ogni evento, degli otto partecipanti quattro sono racer, e quattro sono challengers.
Ora, per minare il monopolio della Diamond League (che per tutta risposta ha alzato i premi per continuare a invogliare le sue stelle più brillanti a partecipare ai propri meeting) ci vogliono soldi, e da buon uomo d’affari americano Michael Johnson ha provveduto: Grand Slam Track è riuscita a raccogliere ben 30 milioni di dollari da sponsor e investitori. Con questo tesoretto, la lega è in grado di coprire le spese di ingaggio di tutti gli atleti in gara, garantendo ottimi introiti sia alle superstar sia alle rising stars.
Quello che mancava, all’equazione a questo punto sono i nomi, e le firme di peso non si sono fatte attendere. Johnson ha fatto le cose in grande, e il livello è mondiale: basti pensare che la primissima a sottoscrivere è stata la campionessa olimpica Sydney McLaughlin-Levrone; l’hanno seguita, tra le altre, la pluridecorata Gabby Thomas, Jess Hull, Melissa Jefferson. Tra i nomi maschili oltre a Huges, ci saranno Kenneth Bednarek, Fred Kerley, Quincy Hall, Cole Hocker, Yared Nuguse, Alison Dos Santos, Ronald Kwemoi.
Costruire rivalità in maniera coatta si rivelerà una scelta vincente? O gli appassionati sono meno suggestionabili di quanto sembri e si stuferanno di questi tentativi prima di dare il tempo a GST di fare presa sul pubblico mainstream?
Presto per dirlo. Sicuramente questo paragrafo non è che una breve introduzione, che non esaurisce minimamente l’argomento, in virtù delle implicazioni epocali che Grand Slam Track avrà sull’atletica - World Athletics cosa farà? I partecipanti ai concorsi (saltatori, lanciatori) come prenderanno la loro esclusione? E perché sono stati esclusi da subito? Queste domande avranno una risposta in una puntata dedicata. Di Grand Slam Track si parlerà e parleremo tanto in futuro, perché rappresenta un modello nuovo a cui guardare all’atletica, e a cui prestare attenzione.
3. Josh Kerr e Jakob Ingebrigtsen si odiano e basta?
Se c’è una rivalità che sicuramente non è solo nella nostra testa è quella tra Josh Kerr e Jakob Ingebrigtsen - l’ho raccontata in maniera estesa sia l’anno scorso (in diversi episodi della newsletter) che nel primo pezzo di quest’anno su Ultimo Uomo.
L’anno nuovo è cominciato com’era finito lo scorso. Non c’è neanche da istigarli perché i due ci regalano nuovo materiale aggratis. Tra i primissimi iscritti alla Grand Slam Track c’è stato nientemeno che il campione mondiale e argento olimpico in carica sui 1500 metri Josh Kerr. Durante un’intervista per il Citius Mag Podcast, un giornalista (sì, dai, un po’ di colpa ce l’ha anche lui) gli ha chiesto cosa pensasse del fatto che l’acerrimo rivale Jakob Ingebrigtsen abbia declinato l’invito alla GST.
Il commento di Josh Kerr:
Se devo essere onesto, credo che abbia fatto bene a non firmare. Negli ultimi due anni non ha mai vinto alcuna gara senza pacer, e allora perché dovrebbe buttarsi in una gara senza pacer? Mi sembrerebbe stupido. Sarebbe qualcosa che espone ancora di più le sue debolezze tattiche.
Se finisse nel gruppo degli 800-1500, guardarlo correre gli 800 sarebbe come starsene a guardare un cervo sul ghiaccio. Credo che se dovesse firmare, lo farebbe per il gruppo 3-5000 metri. Certo, farebbe ridere se dovesse correre gli 800 e i 1500.
La risposta di Ingebrigtsen è arrivata subito sulla tv norvegese: in pieno Ingebrigtsen style.
Il giorno che Kerr contribuirà alla rincorsa di qualche record del Mondo, lo prenderò seriamente. Ma solo quel giorno.
Ora, a chi non piace una rivalità che poi scarica a terra nell’ambiente sano della pista, dove i due sono in grado di esaltarsi vicendevolmente, sia in gare head-to-head che a distanza? Tuttavia è interessante il punto di vista di The Lap Count: il loro botta e risposta tradisce qualcosa di più dell’odio personale. Non si tratta di chi va più veloce, di chi è più forte, ma il loro è uno scontro di poetiche, i due hanno una visione diversa dello sport, per certi versi opposta: e il ché li porta naturalmente a non piacersi.
Kerr ama lo scontro fisico, il corpo a corpo delle grandi gare senza pacer: studia la preda, avanza piani tattici senza troppi fronzoli e attacca al momento giusto. Arriva in fondo sfinito, con la faccia sfiancata: esulta come un pazzo. È uno scazzottatore nel senso metaforico del termine, ama sentire l’odore del sangue nel naso.
Ingebrigtsen è più assoluto: il suo contributo alla storia dello sport è totalizzante, e passa dai record - ne ha già tre: 3000 metri, 2000 metri, 1500 metri short track. O record, o niente: poco importa se il record abbia bisogno della bambagia. E qual è l’ambiente migliore per sviluppare la sua rincorsa alla grandezza assoluta se non il dolce rollio ritmico dei pacers della Diamond League?
Anche di questo dibattito filosofico scriveremo nei prossimi mesi, sempre grazie alla madre di tutte le scuse: parlare di altro. In questo caso, di una delle poche cose che hanno senso nello sport, una delle più grandi e reali rivalità dell’atletica contemporanea.
4. La maratona di Londra 2025 sarà la più grande Major di tutti i tempi?
La prima bomba è stata sganciata giovedì 16 gennaio. Alla Maratona di Londra 2025 ci saranno quattro maratonete con un personale sotto le 2:14. Altre cinque che stanno sotto le 2:20. Ci saranno la campionessa olimpica in carica (defending champions a Londra), la medaglia d’argento olimpica, la detentrice del record mondiale e la detentrice del record mondiale femminile (senza l’ausilio di pacer di sesso maschile).
Sifan Hassan, Tigst Assefa, Ruth Chepngetich e Peres Jepchirchir si sono date appuntamento a Londra in quella che più che la Maratona sembra un sequel degli Avengers.
Sarà uno spot unico per il running femminile. Non solo si tratta di quattro atlete fortissime: siamo anche di fronte a profili guerrieri, a runner che ci hanno fatto vedere negli scorsi mesi quanto amino lo scontro corpo a corpo, oltre che alla ricerca del record in fuga solitaria. E che bello vederle buttarsi tutte nella stessa mischia, senza paura del confronto diretto.
Ma non è bastato
La seconda bomba è stata sganciata venerdì 17 gennaio. La Maratona di Londra ha radunato, oltre che alla campionessa olimpica in carica, anche la controparte maschile: Tamirat Tola sarà alla linea di partenza. Ma non è finita qui: ci saranno anche l’olimpionico e campione di Londra in carica Alexander Munyao (PB da 2:03”11), e Sebastian Sawe, che con un PB di 2:02”05 è attualmente uno dei nomi più pesanti per la Maratona. L’elemento più eccitante a cui guardare sarà il debutto in maratona di Jacob Kiplimo, detentore del record mondiale sui 15 chilometri e nel 2021 record mondiale nella Mezza Maratona con 57”31: tanti appassionati lo hanno già incensato come grande erede di Eliud Kipchoge, ma il passaggio alla maratona è uno step obbligatorio per stabilire quanto possa essere veritiero questo assunto.
In caso Kiplimo metta in mostra il suo sconfinato talento anche sui 42.195 metri, a passargli il testimone già a Londra ci sarà il GOAT in persona: anche Eliud Kipchoge sarà alla linea di partenza della Maratona di Londra. Dopo lo schiaffo di Parigi 2024 e ancora prima della Major di Tokyo dello scorso anno, Kipchoge farà un ultimo tentativo per restare aggrappato al treno del grande running su strada? Come guardare a quest’ennesima partecipazione di Kipchoge a una Major, in presenza di runner giovani, veloci e blasonati? A questo punto è solo vanità? Il Marco Aurelio del running sta chiedendo troppo al proprio corpo? O è solo corsa per il piacere di correre?
5. È scomparso Ralph Mann
A proposito di Noah Lyles: per il campione olimpico il New Balance Indoor Grand Prix avrà un sapore particolare. Il meeting è stato prontamente dedicato a Ralph Mann, olimpionico statunitense, argento a Monaco 1972 nei 400 metri ostacoli, scomparso il 2 gennaio 2025 all’età di settantasei anni.
Da ormai qualche anno, e per tutta la preparazione dell’Olimpiade di Parigi, Mann è stato all’interno della cerchia più intima di Noah Lyles.
Oltre che essere uno sportivo di punta, Mann è stato un vero e proprio pioniere delle scienze applicate allo sport. Parallelamente alla sua carriera da atleta, ha conseguito un PhD in biomeccanica alla Washington State University, e ha cominciato ad applicare a vari sport (il principale, oltre all’atletica, è il golf) le sue conoscenze accademiche, anche attraverso il supporto di programmi informatici - il suo lavoro sul campo gli ha fruttato la fiducia della federazione di atletica statunitense attraverso vasti programmi di consulenza.
Negli ultimi anni, Noah Lyles si è affidato a lui per migliorare l’anello debole della sua catena perfetta: la partenza. Mann scompone la partenza dai blocchi in una combinazione matematica di angoli e rette. Una telecamera riprende Lyles lateralmente. L’immagine è proiettata sullo schermo del portatile di Mann - un dispositivo massiccio, come i device rugged a disposizione dell’esercito. Il corpo scultoreo del campione è ridotto a un aggregato di bastoncini, il disegno di un bambino di prima elementare. Questi stecchini formano angoli che si sistemano sullo schermo: il corpo dell’uomo più veloce del Mondo è una struttura ingegneristica teorica, la sua performance niente più che la risultante di una geometria precisa. C’è del lavoro da fare: un atleta ai blocchi di partenza non può trovarsi in una situazione di comfort. Ci vuole tensione: «solo la tensione può liberare energia». Lo start è una formula chimica, le piante dei piedi che spingono contro i blocchi e le braccia che equilibrano l’atleta un attimo prima del colpo di pistola sono atomi pronti a rompere il loro legame e a trasformare l’energia chimica in energia cinetica, per propagare il corpo lungo la pista.
Una serie di video molto dettagliati (e molto interessanti) condivisi sul canale YouTube di Noah Lyles ci mostrano il lavoro insieme a Ralph Mann, non privo di siparietti divertenti (come il momento in cui Mann saluta Lyles, per poi sbattergli in faccia la verità come un pugno: «amico, i tuoi tempi di reazione fanno schifo»).
6. Giovani sprinter in rampa di lancio
Chi sarà l’erede di Noah Lyles? Chi si siederà sul rovente trono destinato all’uomo più veloce del Mondo? Per tante e tanti atleti giovanissimi i prossimi quattro anni rappresenteranno oltre che le ultime cruciali fasi dell’adolescenza, anche la rampa di lancio verso le speranze olimpiche.
La strada è ancora lunghissima, ma ci sono sprinter giovanissimi che sono più avanti di altri. Qualcuno tra voi avrà sicuramente sentito parlare di Gout Gout, un freak genetico australiano che a diciassette anni da compiere ha corso i 200 metri in 20”04 - e cioè 9 decimi di secondo più veloce di quanto non abbia fatto Usain Bolt alla sua età, nel 2003. Lo stesso Bolt ha scritto «Questo ragazzo mi ricorda me da giovane». Della folgorante ascesa di Gout Gout ho parlato anche nell’ultima puntata.
Ma Gout Gout non è l’unico atleta a cui prestare attenzione. Lo statunitense Christian Miller, per esempio, ha giusto un anno in più di lui, e lo scorso anno a diciassette anni ha corso per due volte i 100 metri sotto i 10 secondi (la prova migliore è di 9”93) - l’unico ad aver fatto meglio di lui è Issam Asinga, che però è alle prese con qualche accusa di doping. Miller ha mancato per qualche decimo di secondo una clamorosa convocazione olimpica, arrendendosi solo a Lyles, Kerley, Bednarek e Knighton nei trials olimpici.
Gout Gout e Christian Miller, con i loro angoli da smussare, formano una diarchia lungo l’asse che va tra i 100 e i 200 metri. Ma di terzi incomodi ce ne sono tantissimi: il thailandese Puripol Boonson, già olimpionico a Parigi e qualificato in semifinale sui 100 metri; i sudafricani Bayanda Walaza e Bradley Nkoana, che a Parigi hanno vinto un argento nella 4x100 - ai Mondiali U20 del 2024 di Lima, Walaza ha vinto il doble della velocità, vincendo sia sui 100 che sui 200 metri. Dall’Inghilterra sta facendo molto parlare di se un classe 2009, Divine Iheme che ad appena quindici anni ha corso i 60 metri in 6”71, distruggendo il vigente record per fascia d’età.
Un ultimo nome: è fresca la notizia che Letsile Tebogo, il campione olimpico dei 200 metri, a primavera inoltrata si cimenterà sui 400 metri - sulla distanza aveva dato ottimi segnali durante la 4x400 metri olimpica, su cui aveva guadagnato un argento per il Botswana dietro ai soli Stati Uniti. In quel team statunitense, nelle batteria aveva corso anche un baby prodigio del 2008: Quincy Wilson, che è tornato alla High School con la medaglia d’oro di Parigi 2024.
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A tutto avrei pensato, qualche tempo fa, salvo che mi sarei messo a leggere di atletica! Tempo speso bene anche se non credo passerò mai alla pratica