Questa settimana non ho avuto troppo tempo da dedicare ad A cosa penso quando corro?
Quel life happens di cui ho parlato nell’ultimo episodio è stato quantomai vero in quest’ultima settimana.
Cambiare lavoro, trasferirsi in Toscana - più precisamente a Pietrasanta, che ho scoperto essere chiamata l’Atene della Versilia - trovare casa, riprendere con lo sport (non sto parlando di corsa, ma quella continua a esserci, come sempre): cominciare una nuova vita, seppur temporaneamente.
La gratitudine e il livello di eccitazione e carica che si può provare per un nuovo inizio, in questo caso professionale, ha nella praticità delle questioni meno ideali e più terraterra (sì, tutto attaccato) la sua controparte.
Spero che qualcosa di utile, o piacevole, possa essere tratto anche da questa brevissima riflessione nata correndo sul lungomare tirrenico - tanto diverso da quella lingua di mare Adriatico sulla quale sono cresciuto.
Ambiente, dicevamo
La mia riflessione sull’ambiente sociale nasce a margine di alcune considerazioni leggermente tecniche sul mio pallino degli ultimi mesi - l’Intelligenza Artificiale - incorciata con la mia esperienza di vita e con fabula e intreccio di un film iconico: Una poltrona per due.
Senza addentrarsi oltremisura nella trama di Una poltrona per due, IL film natalizio: Eddie Murphy è un povero senzatetto Billy Ray Valentine, e Dan Aykroyd un ricco sfondato broker Louis Winthorpe.
I fratelli Duke, che possiedono l’agenzia presso la quale lavora Winthorpe, decidono di effettuare un esperimento: prelevare Valentine dalla strada e dargli casa, denaro, credito sociale, un lavoro ben remunerato per vedere se costui possa diventare un onesto lavoratore. Allo stesso tempo, parte dell’esperimento è gettare nel discredito il ben formato, socialmente inserito, ben educato e rispettabile Winthorpe per vedere se l’ottimo background possa salvarlo dalla microcriminalità.
Scoperto il piano malefico dei perfidi fratelli, Winthorpe e Valentine si alleano e riescono a fare una fortuna alle spalle dei fratelli Duke, che diventano poveri.
Il nocciolo della questione è che: Valentine da reietto diventa un alacre lavoratore; Winthorpe da alacre lavoratore si trasforma in un reietto.
Stesse persone, ambiente diverso, risultati opposti - e in due ore scarse di film una prova del valore cruciale dell’ambiente sociale sul vissuto personale delle persone.
Ambiente sociale e AI
Una delle più grandi paure attorno al tema dell’Intelligenza Artificiale, tra ChatGPT e algoritmi che generano linguaggio naturale, generano immagini, musica, costruiscono cassette di legno, puliscono casa (no, non è vero, ancora non possono farlo, ma lo faranno) è riconducibile a un fattore sociale.
L’Intelligenza Artificiale a disposizione del grande pubblico oggi, è fondamentalmente razzista, sessista e allineata agli scopi di una elite capitalista che non si sta impegnando a risolvere la radice del problema ambientale - lo sfruttamento delle risorse limitate della terra.
Ne parla il Washington Post qui.
Eppure, essa non ha coscienza di sé, né del futuro. È come quando un bambino dice una parolaccia: e tutti a chiedersi “da chi avrà imparato?”.
In quanto prodotto artificiale, creato da esseri umani in carne ed ossa, sarebbe tanto sbagliato affermare che in certi frangenti questi algoritmi siano la peggiore versione di questa umanità? E lo dico da utilizzatore accanito di questi strumenti.
Dopo aver visto Una poltrona per due - e dopo aver letto un paio di capitoli di questo libro - la domanda mi è sorta spontanea: in che tipo di ambiente sociale è stato addestrato l’algoritmo che domina questi strumenti aperti ai giochi e alle sperimentazioni del grande pubblico?
Cambiando gli orizzonti sociali all’interno dei quali l’AI opera, dando spazio di definizione alla diversità nell’utilizzo proficuo di tecnologie che stanno per cambiare e cambiano da anni il mondo in cui viviamo, cambieremmo qualcosa?
Io credo di sì.
Ma quindi?
Il punto più importante della questione è, forse, il più banale. Ed è stata la conseguenza estrema dell’incrocio tra le precedenti riflessioni.
Stacchiamo il computer, stacchiamo l’Intelligenza Artificiale e… focalizziamoci sulla nostra vita di carne.
Dovremmo avere sempre a mente che la svalutazione tossica a cui certi ambienti sociali ci sottopongono è qualcosa di reale. Succede ogni giorno.
Sì, gli ambienti sbagliati tolgono il peggio da noi come esseri umani. Ciò che ci circonda influenza chi siamo: e quello che ci circonda non è solo ciò che ci è toccato in sorte, ma anche quello con cui decidiamo di circondarci.
Ogni essere umano ci è passato, in fondo. Fare del proprio meglio, applicarsi, mettere in campo tutte le tue energie: e non basta mai. Cominciare a dubitare di sé stess*.
E finire per credere di incarnare il valore che l’ambiente ci assegna, tenendo conto di parametri totalmente sconnessi dall’essenza umana che portiamo intimamente dentro.
Staccarsi da questi ambienti non è facile, e non è sempre possibile. Chi sarebbe orgoglioso di ammettere di aver scommesso sul cavallo sbagliato? Chi potrebbe mettere in discussione professione, ambiente familiare e relazionale?
Tuttavia, credo che riconoscere questi ambienti e non avere paura a chiamarli con il loro nome sia qualcosa destinato a diventare una soft skill del futuro. Una di quelle capacità da integrare nel nostro modo di vivere e intendere il rapporto con il mondo.
E, in definitiva, il modo migliore per dare importanza a quello che conta davvero, quei luoghi e quelle persone che inferno non sono. Coltivare il bello attorno a sé, la bellezza e la salute dell’ambiente migliore possibile come modo per esprimere il massimo della propria persona.