Fail like Joshua: Maratona di Valencia 2023
Il racconto di una delle maratone più importanti d'Europa e del mondo attraverso gli occhi di Camilla e attraverso la lente del fallimento del favoritissimo Joshua Cheptegei
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Oggi voliamo in Spagna per raccontare una gara che si sta imponendo nel panorama podistico mondiale: La Maratona di Valencia 🇪🇸
La Maratona di Valencia è una delle gare più importanti e attese dell’anno.
Già. Il nome Valencia potrà non suonare evocativo come, che so, New York - che solo a scandirne il nome (niùiòrk) ti passano davanti in sequenza Central Park, l’animale notturno Travis Bickle in Taxi Driver e l’onda di runner sul ponte di Verrazzano durante la Maratona.
Per stare più vicini, non suona evocativo nemmeno come Berlino: se la capitale tedesca fosse una persona, per molti avrebbe le sembianze di Angela Merkel, per altri quelle del buttafuori del Berghain; e per noi runner quelle di Eliud Kipchoge.
Eppure, il sito ufficiale della Maratona di Valencia definisce il capoluogo spagnolo nientemeno che Ciudad del running. Sarà lo slancio dinamico verso il futuro delle funamboliche architetture della Città delle arti e della scienza? Sarà l’aria di mare che insportivisce gli animi?
Sì, in parte. In parte è merito del profilo altimetrico prossimo allo zero che caratterizza i percorsi della Maratona e Mezza Maratona che qui si corrono, e che rendono questa coppia di gare un obiettivo stagionale ambitissimo per un innumerevole stuolo di runner da tutto il mondo.
Voliamo in terra spagnola per raccontare l’edizione 2023 della Maratona di Valencia, la gara che si sta affiancando alle sei Major Marathons.
Come per il racconto della Maratona di New York, ci immergeremo nell’atmosfera straordinaria di questa giornata anche grazie alle parole di chi c’era. Ed è per questo che ringrazio Camilla che si è prestata a un racconto dettagliatissimo della Maratona di Valencia - che è stata il suo esordio sulla distanza.
In questa puntata:
Maratona di Valencia: com’è andata l’edizione 2023?
Cosa ci insegna il fallimento di Joshua Cheptegei
La versione di Camilla: storia di un esordio in Maratona
I risultati della gara
A Valencia sono state corse dodici delle cinquanta maratone più veloci di sempre. Solo a Berlino si è fatto di meglio.
Delle sette maratone chiuse sotto le due ore e due minuti, due sono state corse a Valencia, superata solo dalla capitale tedesca, in cui sono stati corsi tre tempi monstre; seguono a uno Londra e Chicago - PS. Tre di queste prestazioni sono di Kelvin Kiptum, che se le è accaparrate in nemmeno un anno.
In effetti, l’attesissima edizione 2023 della Trinitad Alfonso Marathon di Valencia non ha deluso dal punto di vista dei record.
La gara maschile ha regalato un nuovo record del circuito, con Sisay Lemma, Etiopia, che lo ha rubato proprio al detentore del record del mondo Kelvin Kiptum.
Praticamente escluso dal novero dei papabili campioni, con un incredibile tempo di 2.01.48 Lemma entra nell’elité dei quattro esseri umani ad essere scesi sotto le due ore e due minuti nella maratona con il sesto tempo più veloce di sempre.
Nella gara femminile l’Etiopia fa cappotto: terzo, secondo e primo posto con la veterana Worknesh Degefa - già campionessa in una Major, a Boston - che chiude con un fantastico 2.15.51.
Nel corso della gara sono caduti venti (20!!) record nazionali, compreso quello italiano femminile - con il 2.23.16 di Sofia Yaremchuck che ha spodestato un primato nazionale che reggeva da undici anni.
La lezione di Cheptegei
Ma il fatto più interessante della giornata non è una storia di vincitori e record mondiali.
Domenica ha esordito in Maratona Joshua Cheptegei, che ad oggi è definito il più grande mezzofondista vivente. Parliamo di un campione del mondo con tanto di world record su 5000 e 10000 metri - quest’ultimo conquistato proprio a Valencia.
Vale la pena raccontare la Maratona di Joshua Cheptegei perché è la storia di un fallimento.
Come Kipchoge, Cheptegei (eroe nazionale ugandese classe ‘96) ha deciso di passare dal mezzofondo alla maratona in una transizione naturale per atleti che perdono progressivamente smalto sulle distanze brevi e acquistano competitività su quelle lunghe.
Per lui, Valencia è una scelta naturale: come detto, città del record sui 10000 metri su pista, e feeling consolidato con le vie della città grazie alla vittoria nel 2019 sulla dieci kilometri su strada.
Dopo una preparazione meticolosa, Cheptegei parte subito da naturale favorito, tanto che stiamo tutti gridando al possibile esordio più veloce di sempre in Maratona - record di Kelvin Kiptum, che lo ha ottenuto proprio a Valencia.
La prima metà di gara è corsa col gruppo di testa in un ottimo 60 minuti e 30 secondi. Siamo ancora on track per assistere ad un potenziale esordio spaziale.
Poi, al kilometro venticinque, la mossa di Lemma - il vincitore - che scappa e allunga sul gruppetto di testa. Cheptegei rimane impastoiato e non riesce a uscire dal tunnel.
Arriva al traguardo quarantunesimo, pur correndo in un ottimo tempo di esordio di 2.08.59.
È stremato, dopo aver corso gli ultimi due kilometri a un passo di quattro al kilometro - che per noi sarà veloce, per un professionista è la sgambata rigenerante. Non ci saremmo mai aspettati di vedere le immagini dell’atleta pesantemente debilitato, che esce dalla zona di arrivo a malapena reggendosi in piedi.
Eppure, il giorno dopo la clamorosa debacle l’NN running team, la squadra di superatleti per la quale Joshua gareggia - è il team di Kipchoge, di Letesenbet Gidey, del campione del mondo Kiplangat - pubblica un video.
Alcune immagini della giornata di Valencia, poi un primo piano di Cheptegei: è sorridente, un ritratto di serenità. Le sue parole sono più o meno:
Stava andando tutto bene, e poi ho sentito una sensazione del tutto nuova per il mio corpo. Ha cominciato a fare male. Non ero abituato.
Mi sono detto di correre e basta, finché ce ne sarebbe stata.
Ho finito la mia prima maratona, una gara con cui non avevo confidenza, e questa è stata una vittoria. Perché so su cosa lavorare e so che tornerò vittorioso.
Non so bene cosa aggiungere alla saggezza delle parole di Joshua: gratitudine, speranza, lungimiranza. C’è tutto quello che dovrebbe servire nell’elaborazione di una sconfitta, tutto quello che dovremmo insegnare a generazioni più giovani di atlete e atleti per quello che riguarda l’affrontare il fallimento.
Joshua Cheptegei ci ricorda che siamo di fronte a una generazione di atlete e atleti non solo fenomenali, ma anche “gentili”, nel senso più medievale del termine: un volto umano che manca da tanto tempo nel mainstream dei campioni di sport più ricchi e blasonati. Che sa guardare al fallimento come opportunità di crescita e che vive il successo con la gioia e il distacco che merita.
In bocca al lupo, Joshua: non vediamo l’ora di vederti tornare in gara.
La versione di Camilla
Passiamo alla storia di un altro esordio in maratona avvenuto a Valencia domenica scorsa.
Come al solito i tempi degli extraterrestri che viaggiano su ritmi totalmente inafferrabili dalla mente di noi poveri runner della domenica sono solo una parte del racconto di una Maratona, se vogliamo quella meno significativa per certi versi.
Una Maratona è prima di tutto l’orda di runner che corre al proprio ritmo. Nei volti di ognuna delle persone iscritte ad una maratona puoi leggere insieme alla fatica la motivazione di una spinta unica, univoca e incontestabile.
Esistono infiniti motivi giusti per correre una maratona, non me ne viene in mente neanche uno sbagliato.
La spinta di Camilla è il desiderio di provare a sé stessa che sì, correre una Maratona è un obiettivo alla portata.
Sportivissima - ballo, bici, un passato nell’atletica leggera - da quando la corsa è entrata nella sua vita (proprio a Valencia durante l’erasmus) l’idea di spuntare dalla bucket list la Maratona ha sempre fatto capolino saltuariamente.
D’altronde, «se puoi correre 10 kilometri, puoi correre anche una maratona».
Parole sue.
Il 2023 è l’anno giusto.
Camilla mette insieme un team di quattro amici e si iscrive alla Maratona di Valencia, città delle sue prime (galeotte) sgambate da 10 kilometri.
Verso Valencia
Con le gare è sempre così, non fai in tempo ad iscriverti e ti trovi già in griglia, con il tuo bel carico di ansie.
Per essere lì, nel tuo grande giorno, affronti dolori e dolorini. Non fa eccezione Camilla: la preparazione è stata più tosta di quanto si sarebbe aspettata viste le doti atletiche di un corpo da sempre abituato alle fatiche dello sport.
È inevitabile l’errata corrige: «se puoi correre 10 kilometri forse puoi correre anche una maratona». Suona meglio, dai.
Un dolore alla gamba a dieci giorni dal giorno X è una di quelle cose che possono spaventare anche l’animo più tenace. Specie se tra te e il tuo sogno ci sono quarantadue kilometri di corsa.
Visto che mollare è impossibile, da dove partire? Dalle basi: si va in aeroporto e si prende l’aereo per Valencia. Ché tutti i viaggi iniziano così.
Già questa è un po’ una metafora di quello che conta nella corsa: to show up, presentarsi, agli allenamenti, alle gare, ogni qualvolta sia necessario fare quello che serve fare.
Il resto viene da sé, e in qualche modo ti convinci che ce la farai: un po’ ti impomati, un po’ ti fasci per bene, un po’ stringi i denti: alla brutta mandi giù un antidolorifico.
E così Camilla e i suoi compagni di avventura sono a Valencia, e in neanche due giorni - dopo autobus non passati e camminate di quaranta minuti fino alla zona di partenza - sono allo start, kilometro zero.
La giornata è splendida: presto il fresco della mattina si stempera per lasciare posto a un sole dolcissimo che benedice il calore della Spagna. Il cielo azzurrissimo e l’arrivo della Maratona sulle acque della Città delle Arti e della Scienza hanno lo stesso, meraviglioso dolce color d’oriental zaffiro.
Ma ci arriviamo tra poco.
Il racconto della gara
L’inizio di una gara è come un click.
Un minuto prima sei lì che ti chiedi se ce la farai, e un minuto dopo stai correndo in mezzo a una fiumana di gente che in una domenica mattina di dicembre non ha niente di meglio da fare che andare da un punto A ad un punto B allungando la strada di quaranta kilometri.
Le due ali di runners che si dividono sulla strada sospesa che punta dritto a Plaça d’Europa sono un’immagine potentissima.
Tutto si stempera nello shock, ma di quelli positivi. Passare dalle corse di allenamento in solitaria al pubblico ai lati delle strade e ai tanti runner che si incoraggiano a vicenda fa dimenticare qualsiasi dolore.
L’elettrocardiogramma piatto dal punto di vista del profilo altimetrico della Maratona punta subito verso il mare: è una gara di lunghi rettilinii e curve a gomito, soprattutto nella prima parte.
In ogni settore del percorso i valenciani, identificati nell’iconicità e nell’importanza dell’evento sportivo che caratterizza la loro città, non fanno mancare il sostegno ai runner.
Il morale si alza, correre è un gesto automatico.
Valencia è una città bellissima, dove l’audacia dell’architettura contemporanea e le larghe avenidas si incrociano con il sanguigno cuore iberico della ciutat vella.
La parte centrale del percorso si snoda attorno all’enorme Giardino del Turia, dove i runner valenciani si forgiano per l’appuntamento con la maratona.
Fino a questo tratto di gara, Camilla mi racconta della serenità e della leggerezza della sua gara. La fatica non sembra esistere, l’entusiasmo è alto, l’atmosfera elettrica.
Alcuni problemi sopraggiungono al kilometro trentasette. Siamo sulla strada che punta verso la bellissima Estació del Nord e la spinta dell’entusiasmo di Camilla sembra esaurirsi: i dolori fanno capolino, la stanchezza è enorme, e quattro kilometri sembrano un’infinità.
Ma siamo in una delle gare più importanti del Mondo, giusto? E allora il finale di una gara di questo tipo non può che essere una festa, dove tuttə sono incitatə dal pubblico fittissimo.
Torna l’energia, le gambe come per magia tornano a girare miracolosamente. È proprio vero che una maratona si corre:
per 30 kilometri con le gambe;
per 10 kilometri con la testa;
per due kilometri con il cuore;
per 295 metri con le lacrime agli occhi.
Ed è così che Camilla arriva sull’azzurrissimo e assolato tappeto della Ciudad de las artes y las ciencias senza riuscire a mettere un freno ad un pianto liberatorio. L’unico tempo finale che conta è quello per emozionarsi.
Perché la Maratona non è un’esperienza come tutte le altre. Tagliare quel traguardo è vincere la scommessa con sé stessə, è guardare con occhi nuovi a quello che succede, con la consapevolezza di essere tostə abbastanza da poter superare qualsiasi cosa.
Ed è così che ad ascoltare la storia di Camilla mi sono emozionato anche io. Non posso che ringraziarla per aver condiviso con me la sua storia: spero di aver trasmesso almeno in parte le emozioni che ho provato io nell’ascoltarla. (Le foto dell’impresa sono sul suo profilo Instagram @_camils).
Link, letture, consigli
Se ti è piaciuto il mio racconto della Maratona di Valencia, adorerai il mio racconto della Maratona di New York.
Visto che siamo in Spagna…
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Prendi seriamente lo stretching?
Io non tanto, ma sto cominciando a farlo: questo canale youtube è un ottimo inizio. Qui il link.
Un bel podcast di sport
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