Credetemi: trovo surreale tutto rispetto a questa puntata del mio appuntamento settimanale.
Trovo surreale il tema, le parole che ho scritto attorno ad esso: trovo assurdo commentare la scomparsa di un ragazzo di 24 anni.
Parentesi. Certo, negli ultimi anni di cose assurde in questo Mondo ne stanno succedendo tante. È un problema di noi storici di formazione: crediamo di avere sviscerato le ragioni del male - cur malum? unde malum? - che ha dato mostra della propria brutalità nei secoli, e ci ritroviamo finalmente immersi in una Storia che non sappiamo comprendere - manca la prospettiva, certo, anche se il senno di poi rende tutti bravi. Chiusa parentesi.
Lunedì mattina. Leggo la notizia della morte di Kelvin Kiptum e del suo preparatore atletico Gervais Hakizimana in un incidente d’auto: ci metto qualche secondo a inquadrare le parole che sto leggendo sul mio feed Instagram.
Inizialmente credo di avere letto male: penso «non può essere, Kiptum ha un paio di appuntamenti con la Storia - il 14 aprile 2024 alla maratona di Rotterdam e più tardi, ad agosto, alla maratona olimpica di Parigi». A Rotterdam Kiptum abbatterà il muro delle due ore in maratona: se non lui, chi? A Parigi porterà l’ennesima medaglia olimpica al Kenya nella sfida classica con Kipchoge, che finalmente correrà contro di lui.
Poi, inizio a realizzare. Mi si stringe il cuore. Diverse persone mi scrivono: «Ma hai letto? Ma proprio tu parlavi di questo ragazzo qualche mese fa se non ricordo male».
Sento qualcosa di molto simile a quello che mi è capitato di provare in occasione della scomparsa di Kobe Bryant. Sono cresciuto con Kobe: un punto di riferimento, una certezza. Basket = Kobe. Ha cominciato a giocare più o meno quando sono nato, e la sua carriera si è sviluppata per tutto il corso della mia vita.
Ricordo tutto della sera in cui è arrivata la notizia della morte di Kobe: clima elettorale, tesissimo, in Emilia Romagna. Siamo nel vivo del ballottaggio tra Bonaccini e Borgonzoni. Il Napoli guidato da Maurizio Sarri batte la Juventus di Cristiano Ronaldo al San Paolo (Maradona vivente, lo stadio non era ancora stato ribattezzato in memoria del pibe). E poi le risate leggere, a deridere l’ennesimo articolo online che riporta la morte di una persona famosa. I lanci di stampa si inseguono, ma io ancora fatico a crederci: da via Sant’Isaia, a Bologna, dove mi trovavo negli anni dell’università mi connetto alla live di un notiziario dagli Stati Uniti.
È tutto vero. Io come tante altre persone non tratteniamo le lacrime: è l’epilogo più tragico e ingiusto per quello che è stato un giocatore pirotecnico, un uomo che da solo ha contribuito ad avvicinare alla pallacanestro un’intera generazione, oltre che un modello di etica lavorativa senza pari.
Con Kelvin Kiptum è successo qualcosa di simile. Ho cominciato ad appassionarmi di corsa poco prima del suo esordio e il suo arrivo sulla scena è stata una folgorazione.
Kiptum si è consacrato nel mondo del running in un periodo particolarmente felice per il podismo. Sono passati due anni dalla pandemia, periodo al quale ha fatto seguito una grande proliferazione del running.
Dopo aver cominciato durante i lockdown, tantə di noi cominciano a raggiungere una certa confidenza con la corsa. Moltə hanno partecipato alla loro prima gara, in tantə ci stiamo togliendo le nostre soddisfazioni, sognando con i record di Eliud Kipchoge: che resta l’uomo da battere, il più papabile aspirante alla missione epocale di infrangere il muro delle due ore in maratona in gara ufficiale - lo stesso Kipchoge era riuscito nell’impresa in un evento non ufficiale.
La trasfigurazione di Kelvin Kiptum arriva in questo microclima particolarmente propizio per l’ecosistema running. Le persone corrono, e tanto; partecipano a maratone sempre più popolate; raggiungono un grado di passione per la corsa che le avvicina alle storie e alle imprese dei professionisti, avvolti nella loro poco appariscente aura di mistico distacco da tutto il resto dei runner.
In breve, tantə di noi sono cresciutə insieme a Kelvin Kiptum.
La via aperta da Kipchoge per l’abbattimento della soglia delle due ore sembra aver trovato un prescelto che possa percorrerla.
In tre maratone Kelvin Kiptum fa segnare tre dei migliori tempi di sempre sulla distanza. Neanche una volta sopra le due ore e due minuti.
Valencia ci consegna il miglior tempo di esordio in maratona di sempre - 2.01.53. Ricordo che già in occasione di questa prova, vista l’età di Kiptum (allora ventiduenne) non si tardò a speculare sul passaggio di testimone tra Kipchoge e questo nuovo arrivato.
Londra avvicina ulteriormente Kiptum all’attuale record del mondo - 2.01.24. L’erede è definitivamente designato.
È solo questione di tempo, tutti lo sanno (anche Kipchoge).
Chicago è la città eletta, e la Major che la percorre, la Chicago Marathon, è il palcoscenico perfetto per la consacrazione. Il precedente record del mondo di Kipchoge è frantumato di quasi 40 secondi - 2.00.35. Ma, cosa più importante, l’essere umano è portato a 36 secondi di distanza da quel fatidico, storico 1.59.59.
Eliud acclama il talento del nuovo arrivato. È un passaggio di testimone simbolico, potente. Kipchoge saluta chi può coronare il sogno che egli ha contribuito a costruire in maniera così decisa e decisiva.
Kelvin Kiptum dichiara che ad Aprile 2024 (l’anno delle Olimpiadi, in cui è grande favorito per la vittoria in maratona) l’impresa sarà tentata: nell’ultima maratona prima di Parigi, proverà a scendere sotto le due ore. Siamo tutti in attesa: curiosi, desiderosi di vedere se l’unico, vero, indiziato a compiere questa grande performance raggiungerà il traguardo.
Fino a domenica notte.
Sulla strada kenyana tra Eldoret - città di grandissima tradizione podistica - e Kaptagat il sogno di Kelvin viene stroncato da un terribile incidente d’auto.
Rifiuto di credere che sia vero: se mi chiedeste chi sarà l’uomo che supererà il limes invalicabile delle due ore, risponderò ancora (e, forse, sempre), per riflesso, Kelvin Kiptum.
Invece, dovremo riconoscere di aver assistito alla parabola brevissima ma accecante di uno sportivo incredibile, che ci ha fatto accarezzare l’idea di un sogno troppo grande per essere anche solo concepito fino a pochi anni fa. Un sogno negato a un ragazzo di 24 anni, al suo allenatore, allo sport, alla storia dello sport, a milioni di appassionati e al Kenya.
Ciao Kelvin, alla prossima corsa.
La puntata che fa seguito al record di Chicago
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Ho letto la notizia nella notte, alle primissime ore del mattino, durante una delle mie insonnie. Poi mi sono riaddormentata e al risveglio ho creduto di averlo sognato, non era possibile. Invece