Ho preso un tram sui denti.
Ho deciso di non partire per Parigi. Avrei dovuto chiudere la mia terza maratona questa mattina agli Champs-Elysees. Immaginavo già un arrivo napoleonico, di quelli in pompa magna, con le due ali di pubblico ai lati della strada a spronarmi sugli ultimi 195 metri della distanza.
E invece… Mr. Macron (Monsieur, o Sior) approva l’infame e invisa legge sulle pensioni. Reforme des Retraites. Cari amici francesi, si va in pensione a 64 anni, non più a 62!
Ad appena due settimane dalla gara, nella capitale della Gallia Transalpina succede il putiferio. Letteralmente. Nella più scontata, ma emblematica delle analogie rispunta, a Place de la Bastille, il profilo della guillottine. Il malcapitato decollato è nientemeno che il Presidente della Repubblica - manco a dirlo. Lui e la nuova nobiltà, a partire dalla signora primo ministro Elisabeth Borne.
Agitano le folle Melenchon e Le Pen - Danton e Roberspierre: i quali, alla fine, hanno fatto la stessa fine dei monarchi.
I commenti dell’Italietta aggiungono profondità al dibattito, e aiutano a dipanare le ombre: tra chi, eheh se non altro i francesi qualcosa in cui ci battono lo hanno trovato; e chi e noi? eh a noi basta che ci facciano vedere la serie A.
La Ville Lumière si riempie di rifiuti: i netturbini incrociano le braccia contro questa indebita appropriazione di tempo di vita sottratto a goderecce partite a bocce in Provenza. Un’invasione di roditori di vario genere porta ratti, pantegane e topi di campagna a occupare pasticcerie e strade. I treni, le metro… persino il Louvre e la Torre Eiffel chiudono.
E gli scontri… quelli violenti, la carne vera, i black bloc, i pompieri, le cariche della polizia. Gli scontri verbali sui social - culminati con una donna condannata a un anno di reclusione e una multa da 15 mila Euro per aver espresso in perfetto francese francesizzato le proprie opinioni sul presidentissimo.
A una settimana dall’evento nessuno sa se esso verrà mantenuto o no.
Decido di non rischiare. Parigi non è una città economica; sicuramente è una capitale meravigliosa, e io voglio viverla in tranquillità, dal viaggio, alla possibilità di visitarne i musei più importanti, alla vita local. Con una serie di policy speciali riesco a recuperare il grano speso e ad ammortizzare (quasi) del tutto la spesa.
Parigi, ci rivedremo. Che sia per correre una maratona o per protestare insieme contro qualcosa o qualcuno.
Fast forward.
È venerdì. I netturbini hanno interrotto il loro sciopero. I musei hanno riaperto. Le metro e i treni, almeno per ora, sembrano girare. La pagina Instagram della Maratona di Parigi mostra orde di runners festanti intenti a prelevare il loro pettorale, pronti a sfilare sul rettilineo tra Concorde e Arco di Trionfo. Un sonorissimo merde mi rimbomba in testa.
Eccolo il tram sui denti…
Provo a dirmi vabbè dai è andata così. Faccio finta di credere che non mi tiri neanche un po’ il culo per non essere partito. Provo a pensare che sicuramente, se fossi partito, qualcosa sarebbe andato storto. Come ha detto una persona saggia che ho conosciuto una volta: succede tutto per una ragione.
Ci sono due cose positive:
A Parigi il meteo ha messo acqua da venerdì a domenica.
Non ho buttato via la preparazione alla gara.
All’inizio avevo pensato che l’appuntamento con la terza maratona sarebbe stato rimandato a Madrid, dove andrò a supportare Elvio per la sua prima Maratona - come lui aveva supportato me a Ravenna, a Novembre.
Ma slittare di tre settimane la gara è insidioso… la preparazione è stata tarata, centellinata, costruita su misura per un preciso D Day: il 2 aprile.
Decido di dare un’occhiata alle gare che si corrono lo stesso giorno della maratona di Parigi in Europa.
E con un po’ di sorpresa faccio una scoperta che mi rincuora e mi tranquillizza: la preparazione è salva. La stessa domenica della gara di Parigi si corre la Maratona di Milano. Le iscrizioni sono ancora aperte. Lo prendo come un segno. Non doveva finire con un nulla di fatto, questa domenica si doveva correre.
Quindi… ebbene sì. Se stai leggendo questo pezzo io sono da qualche parte disperso in città. Una città che amo e a volte odio, con la quale ho costruito un rapporto teso su un equilibrio delicato. E che avrò la fortuna di potermi godere correndo, in attesa di arrivare a Porta Venezia.
E i giardini di Palestro, l’arco di Via Salvini non saranno scenografici come i Campi Elisi… ma Milano è Milano. E, dopotutto, una maratona è pur sempre una maratona.
Ci sentiamo tra 42 kilometri e un po’, non vedo l’ora di raccontarvi questa gara.