L'inizio della dinastia: Episodio 5
🇮🇹 Roma 1960: -13 giorni alla maratona Olimpica di Parigi 2024. Da qui alla gara raccontiamo le maratone olimpiche più iconiche, e le storie incredibili di atleti e paesi ospitanti
Intro
Buona prima domenica di Giochi Olimpici!
Un saluto a tutti coloro che si sono iscritti da Fubolitix di Giovanni Armanini, che ieri ha ospitato un mio commento sullo stato di grazia dell’atletica italiana nell’episodio della sua newsletter sul primo capitolo delle Olimpiadi - lo leggete qui.
Vi scrivo dalle mie ferie. Per essere precisi vi scrivo dalla Norvegia, ad Alta, ben sopra alla linea del Circolo Polare Artico, a circa 300 chilometri da Capo Nord.
Per questo motivo, metto le mani avanti, la versione scritta delle prossime due puntate sarà relativamente breve. Ad aiutarmi ci saranno, però, i contenuti del mio podcast Storie di Corsa.
Divagazione norvegese
Sono le 23 mentre butto giù le parole di questa introduzione. Mi trovo in uno splendido maneggio in cui i cavalli scorrazzano tra i boschi, in un recinto vastissimo contornato di fiori. Il sole discendente illumina di rosso le pareti rocciose che incorniciano questo luogo magico. A queste latitudini sono il sole e la luce i protagonisti della stagione estiva: tra giusto un’ora, a mezzanotte tramonto e alba si fonderanno e quella che ora è una palla rosso fuoco ricomincerà a salire - senza sparire mai completamente dietro l’ultima fila di abeti.
Prima di buttarci nella storia di oggi, una curiosità sportiva in diretta dal paese in cui mi trovo. Ho mangiato un gelato griffato Haaland (discreto, un mix tra un MaxiBon e un gelato stecco al caramello) e all’aeroporto ho visto un libro per bambini a tema Karsten Warholm - il leggendario ostacolista. Ma l’unico sportivo norvegese a cui abbia visto tributata il solo tipo di arte che legittimi il valore culturale di un atleta (e cioè il disegno di un bambino) è Magnus Carlsen, definito dal suo palmares (e recentemente anche da colleghi e addetti ai lavori) il più grande scacchista di tutti i tempi.
In nessuno dei discorsi fatti con i locali emergono tracce dei fratelli Ingebrigtsen (neanche Jakob) tra i modelli sportivi di riferimento. Ma forse sono stato sfortunato io.
Il Leone di Giuda
Ora, vi scrivo mentre sono a un tiro di schioppo dal polo nord, e di cosa decido di parlarvi? Di Helsinki 1952 e di Emil Zatopek, la locomotiva umana? Delle sfide di questo glaciale atleta cecoslovacco con Alain Mimoun all’Olimpiade successiva?
Ma certo che no, sono al polo nord e vi parlo di un paese a due passi dall’Equatore: l’Etiopia. Capitale: Addis Abeba. Regnante all’epoca dei fatti: il negus neghesti Haile Selassie, imperatore d’Etiopia. Un passato intrecciato a doppio filo con paesi e culture distantissime: come la Giamaica, ad esempio. Su quest’isola in mezzo al Mar dei Caraibi, separata da un continente e un oceano, si consuma l’esistenza del più grande aedo dell’imperatore d’Etiopia, Bob Marley.
Tra i tanti nomi di costui c’è anche quello di Ras Tafari Makonnen, che nell’accezione religiosa è reincarnazione della seconda venuta di Cristo in terra, nonché ultimo discendente della dinastia del re Salomone. Sono le fondamenta della religione sposata da Bob Marley e dai seguaci di questo culto.
Rastafarianesimo viene da qui - ed ecco perché chi vi dice che “rasta” e “dreadlocks” non sono sinonimi intercambiabili ha sostanzialmente ragione (i dread sono simbolo biblico del Leone di Giuda, a sua volta simbolo dell’imperatore, perennemente presente nel (auto)corredo celebrativo del sovrano).
Ma per quanti fossero gli ammiratori di Haile Selassie - favorito della famiglia reale inglese e di ampie frange del mondo libero - chi non vedeva di buon occhio il suo titolo di imperatore d’Etiopia era sempre in agguato. Il più agguerrito detrattore del negus lo abbiamo avuto in casa nostra. Vi do qualche indizio: treni in orario, bonifiche varie, e uno svariato numero di pensieri attorno all’Impero Romano. Impero, impero, impero: ecco cosa manca a Mussolini, l’Impero. E perché non prendersi proprio l’Etiopia? L’Italia si imbarca in una infame missione di colonizzazione. L’Etiopia, unico Stato libero di un’Africa che prima della Seconda Guerra Mondiale politicamente è poco altro che una torta spartita tra le potenze coloniali europee, l’anno successivo, il 5 maggio 1936. Haile Selassie è in fuga. Le rappresaglie contro la dissidenza sono feroci.
Intanto nel villaggio di Jato, non lontano dalla capitale, il protagonista della storia di oggi deve attendere ancora qualche mese prima di compiere quattro anni. Suo padre, Demessie, è un pastore e uno sciftà, un ribelle: è attivo nella resistenza contro l’invasione italiana. Lui, Abebe, segue le sue orme: prima a rincorrere greggi sugli altipiani della Rift Valley; poi, il mestiere delle armi, quelle dell’esercito regolare di un’Etiopia liberata dall’invasione e dichiarata indipendente già nel 1941.
Ma il suo nome sarà consegnato alla Storia in seguito a una maratona olimpica: Roma 1960.
La storia di Abebe Bikila
Come questo soldato sia diventato eroe nazionale etiope grazie alla corsa, però, è una storia che non posso raccontarvi per iscritto, oggi.
La buona notizia, però, è che la storia di Abebe Bikila, il primo africano a vincere una medaglia d’oro olimpica sulla maratona, nella leggendaria gara di Roma 1960 che vinse scalzo, la potete ascoltare nel mio podcast Storie di Corsa.
Qui sotto la versione Spotify:
Qui la versione Spreaker.
Qui la versione Amazon Music.
E per oggi era davvero tutto, vi lascio al podcast. La maratona di Parigi 2024 è ad appena due settimane di distanza. Manca davvero pochissimo.
Letture e consigli
Visto che ho scritto poco vi lascio con alcuni consigli di lettura-visione-ascolto:
Per quanto riguarda la maratona olimpica di Roma 1960 di Abebe Bikila, c’è un libro: Vincere a Roma di Sylvain Coher, edito da 66thand2nd.
Non perdetevi il gusto modernissimo del documentario sull’Olimpiade di Roma 1960 diretto da Romolo Marcellini. Qui la parte sulla maratona (tradotta in inglese).
Una serie di articoli di Ultimo Uomo per capirci qualcosa di più sulle Olimpiadi di Parigi 2024: Come si è preparata Parigi?, Come la squadra palestinese arriva alle Olimpiadi?, Come ci arriva l’Italia del nuoto?.
Un podcast per seguire le Olimpiadi
Scorsa settimana è finito il Tour de France. Un pezzo di Mappe di due anni fa su un ciclista africano di cui non ci si può non innamorare: Biniam Girmay, la nostra nuova maglia verde. C’è più di un collegamento tra la storia del paese di Girmay e l’Italia.
Un mio articolo per Ultimo Uomo: un tributo al Joshua Zirkzee di Bologna attraverso il racconto di 10 dribbling. Ma lo spazio per questi dribbling diventa sempre più stretto.
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