Le buone abitudini
Mi è capitato recentemente di cominciare a tenere traccia delle buone abitudini che compio. Come si resta consistenti nel tempo? Come arriviamo ad adottare questi comportamenti?
Non sono mai stato bravo a lavarmi i denti.
È un problema che si è acuito - peggiorato all’esasperazione - durante le scuole superiori. Perché?
Da mini-stoico quale cerco di essere (più formalmente che nella traduzione pratica dei dettami di Epitteto, Marco Aurelio, Seneca) dovrei attribuire la colpa a un fattore interno: sono, in fondo, un pigro procrastinatore, che non perde occasione di ricordare a sé stesso che la gioventù porta in dote il grande beneficio di poter urlare a pieni polmoni al mondo dei grandi che avanza “ci penseremo domani, i problemi che non ci sono oggi sono roba di domani”.
In realtà, sono finito a dare una porzione consistente di colpa a fattori estrinseci. Per andare al Liceo Classico di Forlì passava dal mio paesello una sola corriera, alle sette del mattino in punto. Stop. One Shot. Prendere o - non lasciare - ma stare a casa (con inenarrabili conseguenze negative sulla mia futura carriera e caso di Stato familiare).
Ora, vi starete chiedendo come questo fatto possa influire sull’igiene orale di un diciassettenne, e vi capisco.
Inseriamo alcune variabili:
Allenamenti di sport vari, tra i 15 e i 19 anni, a un orario variabile tra le 19 e le 23;
Doccia;
Cena - da bravo sportivo, reintegrare post-sforzo le riserve di glicogeno è sempre stata una mia priorità eheh;
Almeno 10 minuti di digestione andranno pur fatti, o siamo salutisti solo quando pare a noi?;
Nanna.
All'interno dello spettro di possibilità per le quali il sonno è per me della massima importanza (e lo è davvero) il tempo che la sera riservo ad altre attività vitali (sport, nutrimento, digestione) andrà rubato alle attività mattutine.
E così, oltre alla brutta abitudine di lavarmi frettolosamente i denti, ho ereditato, tra le altre, quella di trangugiare la colazione, bombarmi di caffè a morte, vestirmi a luci spente (l’ultima sta avendo strascichi disastrosi).
Tutto questo per dire cosa?
Ho messo da parte la pretesa di segnare un 100/100 giornaliero sul rispettare le buone abitudini, per un motivo abbastanza semplice: e cioè che le condizioni ideali non esistono, o meglio, potrebbero esistere per congiunzione astrale se va bene. Purtroppo il contrario di "Se va bene" è: ma se va male?
Oltre alla sensibilità diversa con cui ognuno di noi etichetta il "male" che accade, a volte le cose che vanno male sono cose che non vanno poi così male. Metti un po' il caso: esci di casa con il borsone della palestra e ti dici "stasera vado ad allenarmi"; e alle sei di sera ti ritrovi in fila fuori da San Siro per vedere i Coldplay, con biglietti regalati da qualcuno - spoiler: non tratto da una storia vera.
Ti sarai anche divertito, concerto splendido, ma il tuo buon proposito di allenarti? Come la mettiamo? Un imprevisto e puff, via tutto finito.
Questo caso è chiaramente un'iperbole, chi potrebbe arrivare a pensare una cosa simile dopo che qualcuno ti ha fatto un regalo dal cuore? Il punto sta proprio qui, per qualche tempo credo di aver avuto questo tipo di pensieri. Non toccate la mia routine, chissene frega delle sorprese.
Alla metà spaccata di un anno impostato sul tentativo di vivere con consapevolezza e intenzionalità le mie azioni quotidiane credo di poter dire che la capacità di adattarsi verso i propri buoni propositi è importante quanto il fine ultimo che ci porta all'adozione del comportamento stesso.
Sì, alcune cose vanno fatte semplicemente... perché sì. (Con questo vorrei assicurarvi, care tutti, che la mia igiene orale è di primaria importanza, tra le tre azioni non negoziabili della mia giornata - essere costanti con filo interdentale e collutorio rende il cavo orale piacevolmente fresco e definirei la sensazione inebriante).
Per quanto riguarda qualsiasi altro buon proposito che ad oggi non mina salute fisica, mentale o equilibrio psichico, come ad esempio cominciare a correre, invece, ho notato che i risultati migliori arrivano quando alla base c'è la capacità di adattare il proposito alla famosa vita che accade (oltre alla passione e alla determinazione).
Flagellarsi perché sono successi gli imprevisti serve fino a un certo punto. Il punto è capire come limitare i danni da situazioni non preventivate- se chiamarli danni o in altro modo, di nuovo, ormai lo abbiamo capito, sta a te.
Infine, un appunto fondamentale, lapalissiano (come quello greco, della Grecia). Credo che, al di là di tutto, ci siano momenti nella vita in cui è più o meno saggio decidere di prendere una buona abitudine, con l'intenzione di cementarla. Con che faccia da culo dovrei dire a un universitario di ridurre il numero dei suoi caffè o di andare a dormire ogni sera a mezzanotte?
(NB. con abitudine non buona non intendo abuso di sostanze illecite, dipendenza da alcol, gioco d'azzardo, essendo queste condizioni in qualche misura patologiche, che spesso non si risolvono con la semplice buona volontà o con le buone intenzioni)
Per quanto possa sembrare retorico, fondamentalmente sbagliato e poco "intenzionalista" spesso le cose spesso arrivano da sole: i campanelli di allarme che ci spingono a cambiare un nostro comportamento al meglio possono essere dei solletici da niente, o delle pallonate in faccia.
In fondo, semplicemente, ci accordiamo nella maniera migliore possibile con il tipo di cambiamento che il Mondo intorno a noi ci sta chiedendo di adottare per migliorare il nostro equilibrio.