La vita succede.
All’ombra dei 27 anni faccio questa scoperta. Questa frase mi rimbomba in testa da almeno una settimana, più o meno da quando ho cominciato a ragionare a mente lucida sulla maratona andata non secondo i piani.
La frase mi è stata introdotta a lavoro - era il primo giorno - in inglese. Life happens.
Non è un caso. L’ingessatura delle situazioni professionali, il glaciale distacco con il quale cerchiamo di prendere con la massima serietà cose di massima serietà - portare il pane in tavola è una cosa serissima - ci porta a pianificare con un rigore maniacale, scientifico, chirurgico ogni nostra azione.
Dalla retroilluminazione dello schermo, agli slot da dedicare alle attività specifiche; e ancora, dallo stack di software necessari allo svolgimento del lavoro, al tragitto scrivania-bagno-boccione dell’acqua. Tutto nasce come perfetto nella pianificazione professionale.
E poi, un bel giorno dopo essere entrato in ufficio bello carico, riposato, fresco, con un’idea geniale su cui lavorare con il tempo ritagliato da un’organizzazione meticolosa drin arriva la mai: e c’è il corso sulla sicurezza obbligatorio, che non puoi saltare.
A cui devi partecipare a telecamera accesa, facendo attenzione perché hai trovato l’ispettore solerte e ispirato che si assicura che i concetti siano correttamente assimilati da tutti i partecipanti attraverso domande a quiz a turno. D’altra parte, anche l’ispettore deve portare il pane a casa e magari non è male per te imparare a stare seduto come Nostro Signore comanda davanti allo schermo.
E quindi, come diceva Eisenhower: Pianificare è tutto. I piani sono nulla. Perché? Perché la vita succede.
Ho cercato di portare l’analitico afflato dell’organizzazione anche nella programmazione dei miei allenamenti. Ho pianificato, ho sperimentato, ho eseguito. E la vita è successa.
E la gara è stata una merda. Una merde, anzi. Il lavoro, la quotidianità da gestire. “Se ci tieni, trovi tempo”. È vero: il tempo l’ho trovato, non sono stato sempre in grado di dare qualità a quel tempo.
Mio demerito? Assolutamente sì, la mia pianificazione è stata non solo sbagliata in essere, ma anche miope, perché non ha calcolato nella formula per il successo il precipitato delle situazioni che accadono. E che hanno un peso nell’equazione.
La mia contromossa alla vita che succede? Fino ad oggi ho sbagliato il mio approccio. È un po’ come quando ho raccontato dell’astio contro la pioggia. Non so bene a cosa serva inveire contro il fatto che sia brutto - “eh ma io devo correre” - però inveisco. Così, a cascata, su tutte le cose che capitano.
Oggi provo a cambiare. Cerco di far succedere la vita, senza troppo farmi distrarre da quello che è fuori dal mio controllo.
Non senza pianificare: perché i piani sono e restano importanti, sono la nostra cartina, il gps, la bussola che ci guida nell’affrontare i piani a breve, medio, lungo termine.