Piove. È sabato. Sono a Pietrasanta, alla lavanderia gettoni.
Il lettore più attento, la lettrice più avveduta avranno letto tra le righe, accorgendosi della somiglianza con A Cesena, poesia che Marino Moretti ci ha lasciato nel secolo passato.
Che presa così, in quelle due righe memorabili - Piove. È mercoledì. Sono a Cesena… - mi sembra un’ode alla vita più indesiderabile possibile.
Già trovarsi il fatto di trovarsi a Cesena è tendenzialmente una brutta storia… figurati se piove.
Però io mi trovo a Pietrasanta, nella bella Versilia, tra mare e montagna (un po’ come Cesena, alla fin fine). Fino a sei mesi fa, mi avessero detto che mi sarei trovato non dico a passare da, ma a vivere in questo luogo (!) avrei gridato alla follia.
La mia vita non ha preso una piega strana? Non ho forse una storia da raccontare per il solo fatto di essere a Pietrasanta? “Ma dai, e che ci hai fatto a Pietrasanta per tre mesi?”. Suona già bene così. Sì, probabilmente è una bella storia, ma la vita è un’altra cosa.
Perché sto preparando la mia gara, e in un lasso di tempo pur breve mi sono impegnato a costruire un equilibrio tra vita, lavoro, socialità, allenamento; perché le pulizie di casa esistono anche in Versilia, per quanto pazzesca possa essere la storia che mi ha portato proprio qui, proprio ora. Stessa cosa vale per i panni da lavare alla lavanderia a gettoni.
E allora mi capita di ascoltare l’episodio di un podcast che sto seguendo con grande piacere durante i miei allenamenti in preparazione della prossima gara - Parigi 2024 - di nome Daily Cogito.
*Sì, proprio così, durante gli allenamenti. Io, che nella primissima uscita di A cosa penso quando corro? ricordavo con una punta di orgoglio il fatto di allenarmi senza cuffie, alla fine ho ceduto. Magari ne parlerò, presto o tardi.
Sto traendo giovamento dalla musica durante gli allenamenti, e ancora di più dall’ascolto di podcast. Tra i miei preferiti c’è quello di Alessandro Barbero, c’è il podcast sportivo dell’Ultimo Uomo (Fenomeno) e, appunto, Daily Cogito, condotto da Rick DuFer - con la partecipazione straordinaria di una serie di ospiti che è sempre bello sentire parlare.
Ebbene, in una puntata particolarmente densa della trasmissione, il nostro si lancia in un’ode della routine. Le azioni ripetitive, le azioni necessarie, financo le mansioni semplici ma necessarie sono quelle che ci permettono di essere dove siamo.
Là, dove lo spirito del tempo è oggi più che mai la FOMO (fear of missing out) - ossia la paura di essere nel posto sbagliato mentre là fuori, da qualche parte, sta succedendo qualcosa di incredibile che ci stiamo perdendo - l’accettazione della routine è un atto rivoluzionario. Ha un suo peso, ed è anche una nostra responsabilità.
Là dove tutti vivono l’ansia della vita eccezionale, dove l’ordinario è degradante e anormale, io mi impegno a dire no, ad apprezzare la forza di quello che è giusto fare, di quello che è necessario fare quotidianamente per raggiungere lo straordinario a suo tempo.
Non fraintendetemi: io mi impegno e cerco di fare questa cosa. Ma metterla in pratica difficilissimo. Lottare contro lo spirito di un’epoca è un’impresa già di per sé... eccezionale, se vogliamo.
Per dare l’idea di quanto la FOMO sia reale, tangibile, quotidiana guardatevi mentre fate le azioni più normali e chiedetevi se in ogni momento non cercate di fare economia di tempo per poi… cosa? Poi cosa? Pulisco mentre cucino mentre guardo un film mentre chiamo caio mentre piazzo un ordine su Amazon mentre condivido un post su Instagram.
Vi ricorderò almeno una persona che conoscete bene, vero?
Non mi concentro nel fare nulla di quello che sto facendo. Tutto è un po’ così, come viene. L’importante è finire perché poi potrò essere lì a prendere quel treno che passa solo una volta nella vita. Ma dove? Il treno della vita? Fuori dal Decathlon di Gallarate? O dall’Esselunga di San Lazzaro? O fuori dal Conad di San Zaccaria?
Io mi ci vedo spesso, mio malgrado, in questo atteggiamento - ma tutte e tutti siamo nel bene o nel male impregnati dello zeitgeist che ci tocca in sorte.
Prendiamo ieri pomeriggio.
Alla mattina ho fatto la mia corsa da 30 kilometri; al pomeriggio di certo non pianifico di scalare le vette più alte delle Apuane. Quali sono i piani per il resto della giornata? Mi aspettano: un po’ di aspirapolvere da dare, un film da vedere. Stop. E poi piove.
Alla famosa e summenzionata lavanderia a gettoni di Pietrasanta c’è un quantitativo di gente che mi aspetterei alla Notte Rosa, in riviera, al sabato sera. Devo asciugare le mie lenzuola, ma c’è coda davanti a me. A Pietrasanta. Il sabato pomeriggio. A febbraio.
Mi innervosisco. Ci sono 15 mila persone in questo posto. A Milano, città da 1 milione e mezzo di abitanti in due anni non ho mai trovato fila alla lavanderia a gettoni - genio come ci fosse solo una di lavanderie a gettoni in tutta Milano.
Sono nervosissimo. Fatemi asciugare le mie lenzuola e fatemene andare. Devo pulire! Il film!
Dopo una mezz’ora di insofferenza totale, metto su i miei lenzuoli ed esco stizzito. Mi fermo un attimo e penso: ma cosa stracazzo sto facendo?
Cosa mi sto perdendo esattamente nello stare ad aspettare il mio turno alla lavanderia a gettoni, il sabato pomeriggio, a febbraio, a Pietrasanta? Quale treno incredibile sto perdendo? Che guadagno ne sta avrà la tua vita se sarai a casa con mezz’ora di ritardo?
La routine, le cose normali, ti aspettano anche se tra un mese correrai una maratona, o se scalerai l’Everest; ti attendono se stai per giocare la finale di Wimbledon o se stai per giocare la finale di un mondiale - non posso dirlo per mia esperienza diretta, ma immagino che gli sportivi professionisti abbiano certe routine dalle quali non possono uscire, e che forse sono la ragione per cui si trovano dove sono.
Il rapporto tra cose ordinarie ed eventi eccezionali è sempre sbilanciato. È logico, lo dicono i nomi delle cose, ed è giusto che sia così.
Dovrei saperlo io. Che poi, durante la mia ulteriore attesa fuori dalla lavanderia, ne ho approfittato per ripensarci.
E ho capito una cosa: dove, se non nella forza della routine, ho saputo trovare la costanza, la determinazione, e le conferme che mi hanno spinto a migliorarmi costantemente per arrivare ad affrontare le mie gare?
Corse tutte uguali, settimane che si rincorrono, senza sussulti, senza stravolgimenti. Ma, allo stesso tempo, grazie al diktat della ripetizione mi sono abituato a vedere quello che c’è di speciale, di apprezzabile, in un’ora di tempo che dedico con costanza a me stesso per almeno quattro volte alla settimana.
Mese dopo mese solo grazie alla routine ho affinato il mio corpo, la mia mente e il mio spirito ad essere pronti. E soprattutto, so con quale animo di assoluta gratitudine vivere l’energia di un giorno speciale come quello della gara.
Credo che questo sia applicabile a qualsiasi tipo di routine, ad ogni tipo di ripetitività, di quelle necessarie, che non possiamo automatizzare o fare in maniera più intelligente, perché semplicemente… non si può.
Dobbiamo risanare i nostri rapporti con la routine, farci pace, percepire il qui e ora anche nel il lavoro più degradante e meno poetico, per capire che nel momento in cui sarò in un qui e ora eccezionale, allora saprò godermelo come merita.
Riconoscere la routine, abbracciare l’ordinario per vivere a pieno (e al meglio) lo straordinario.
Qui la puntata di Daily Cogito che ho menzionato.
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