Jorge Luis Borges ha scritto il pezzo di letteratura a cui credo di essere, ad oggi, più affezionato La Biblioteca di Babele (La Biblioteca de Babel); per capire quanto sia radicata in me la predilezione per questo testo, basterà sapere che ci ho scritto pure il tema di maturità. Sì sono già passati 8 anni.
Le prime parole di questo straordinario racconto - una decina di pagine all’interno della raccolta Finzioni - sono impresse nella mia memoria, al punto che non ho nemmeno dovuto controllare sull’edizione originale per ricordarle.
El Universo (que otros llaman la Biblioteca)…
Nell’universo di Borges tutto è Biblioteca. Esagoni che si rincorrono, collegati da corridoi; e questi esagoni altro non sono che scaffali, che ospitano libri composti da 23 caratteri dell’alfabeto più i segni di interpunzione. Tutti uguali in formato, numero di pagine, numero di righe per pagina.
I 23 caratteri dell’alfabeto e i segni di interpunzione si susseguono in maniera totalemente casuale all’interno delle pagine.
Senza ordine, senza criterio, senza la necessità che le parole (sequenze) che vanno a comporre abbiano un senso, le lettere sono disposte letteralmente a caso sulle pagine.
Potrebbero formare parole di senso compiuto in una qualche lingua. Potrebbero. Ma i libri di Babele non sono tenuti ad essere sensati.
Il caos. A eccezione di quei pochi libri nei quali le combinazioni trovano un senso logico in una qualche lingua umana.
La speranza folle degli uomini della biblioteca è di trovare, in un qualche esagono che compone questo labirinto, il libro che spieghi il senso della Biblioteca, il perché della sua esistenza e il perché del peregrinare di questi stessi uomini alla ricerca dei significati dei libri.
La ricerca di questo libro. - il Libro - è la ricerca di Dio, per chi ci crede. Per chi non ci crede è la ricerca del senso della vita; la propria? La Vita come concetto generale?
Ognuno conduce la sua ricerca.
Spiegata in questi termini credo sia comprensibile quanto l’esito della missione sia disperato. È una questione di pura statistica.
Non credi a quanto possa essere statisticamente difficile rintracciare un libro contenente una pagina minimamente sensata all’interno della biblioteca?
Questo progetto ha svolto il lavoro per noi. A me è capitata questa pagina.
Borges e noi
Bene, credo che Borges avrebbe trovato estremamente divertente le combinazioni, le regole, i paradigmi del machine learning che guida le intelligenze artificiali.
Le risposte assolutamente insensate che le computazioni delle macchine partoriscono nel momento in cui facciamo loro domande sono qualcosa di assolutamente borgesiano. E anche divertente, per l’assurdità di alcuni degli output partoriti.
Ricordate ChatGPT - lo strumento che ha salvato il Natale di migliaia di persone? Provate a chiedergli di raccontarvi una barzelletta da raccontare per fare di figura con i ragazzi del bar.
E se una delle applicazioni più immediatamente pratiche dell’Intelligenza Artificiale non fosse altro che la possibilità di costruire per noi la nostra biblioteca di Babele? Entro la quale ognuno di noi possa vagare cercando segni per interpretare la propria vita dandone senso?
In maniera molto occidentale, visto il nostro bisogno di cercare all’infuori da noi i segni della nostra felicità, il senso del nostro stare al mondo, credo che questa applicazione spopolerebbe. Un mix tra l’oroscopo e l’I-Ching.
Credo che Borges troverebbe divertente anche l’idea di Internet. Una biblioteca, pur sui generis - ma Google (che non è Internet) altro non è che un Indice - a disposizione dell’umanità nella sua interezza; (auto)generata dall’umanità stessa, che la popola di contenuti più o meno degni di essere esposti ad un futuro museo della memoria degli anni a cavallo tra XX e XXI secolo.
La differenza tra la Biblioteca di Borges e Internet potrebbe essere solo questa, ed è una differenza abbastanza interessante: il fatto che il caos di Babele è perversamente divino; il caos di Internet è tutto perversamente umano (o quasi, visto che i primi contenuti AI generated stanno arrivando).
Ieri mattina, correndo uno dei primi lunghi in preparazione alla maratona di Parigi, mi sono perso a pensare a questa puntata - un guazzabuglio di idee, nessun insegnamento, nessuna storia: solo una serie di pensieri.
I ragazzi che nel futuro, all’Università, studieranno le sezioni commenti su Facebook o Instagram per i loro esami di linguistica, scervellandosi per individuare tendenze e mode linguistiche della comunicazione immediata e confidenziale - quello che oggi facciamo con la produzione epistolare dei secoli scorsi, fino anche all’Antichità classica - cosa penseranno della Babele di segni che lasciamo sulla rete ogni giorno?
Sarà possibile ricostruire lo spirito del tempo che abbiamo vissuto a partire dalla crassa poltiglia di loto che riversiamo (con cura nella punteggiatura) ogni giorno sulla rete per aggiornare il mondo - e i posteri - delle nostre opinioni assolutamente irrilevanti su questioni assolutamente fuori dalla nostra comprensione?
Ma anche dalla commovente possibilità di istruire, educare, formare mettendo a disposizione dell’umanità il nostro sapere in maniera gratuita; la nostra capacità di guarire con le parole; il nostro istinto più umano, veicolato da evanescenti bit eterei, sfuggenti.
Io credo di sì. Spero solo che i posteri non commettano l’errore degli uomini della Biblioteca di Borges. Perdersi cercando il senso di quello che vedono.