Il buon proposito
Qualche settimana fa abbiamo parlato dell'inutilità delle liste dei buoni propositi. Ma oggi è il primo giorno dell'anno: possiamo fare finta di niente ed evitare l'argomento?
Qualche settimana fa ho parlato della lista natalizia dei buoni propositi come di una truffa.
Poi il caso ha voluto che la prima puntata di A cosa penso quando corro? del 2023 cadesse proprio il 1 gennaio.
Il giorno dei buoni propositi, delle promesse che vogliamo mantenere, della speranza in una felicità che per il tempo delle feste ci sembra raggiungibile.
Non c’entra con i fini del discorso, ma metterei l’attenzione su un dato apparentemente insignificante.
Il fatto che la puntata cada il primo giorno dell’anno e non il secondo, terzo - insomma, la prima domenica dell’anno - fa tutta la differenza del mondo sul piano del significato di cui questa puntata si fa portatrice.
Allo stesso modo, il fatto che la puntata cada già nell’anno nuovo, e non negli ultimi giorni dell’anno vecchio sposta tutta l’attenzione sull’anno che verrà, piuttosto che su quello che è appena finito.
Ora, sembrano dati di poco conto, apparentemente insignificanti. Beh, il fatto che l’hic et nunc di questa puntata sia proprio il giorno delle possibilità per eccellenza lo vedo come un buon auspicio.
Fine della divagazione.
Il buon proposito
Perché parlo di buon proposito, e non di buoni propositi?
Per chi avesse letto il numero sulla lista dei buoni propositi è chiaro. Il periodo delle feste è un momento privilegiato nel quale stabilire con solerzia i buoni propositi diventa facile. È facile stabilire (e promettere) che si faranno un sacco di cose quando si è nella condizione mentale ideale per prendere decisioni.
Fare un buon proposito all’interno della comfort zone è pur sempre lodevole.
Ma è l’esecuzione, poi, che viene a mancare.
Per questo ho deciso di ridurre ai minimi termini la lista dei miei buoni propositi.
Ovviamente, come è normale che sia ho in conto una serie di obiettivi di importanza più o meno variabile, tra lavoro, sport, espansione del mio network, studio, la mia newsletter.
Ci sarà la maratona di Parigi; punterò a correre almeno un’altra maratona, e una o più mezze maratone. Magari una 30 kilometri con un po’ di dislivello. Magari comincerò a nuotare, o a pedalare - fermo, avevi detto solo un buon proposito!
Punterò ad accrescere la mia newsletter. Sto trovando in A cosa penso quando corro? una soddisfazione che all’inizio non avrei mai pensato di trovare. Mi sta aiutando ad allineare i pensieri e a essere costante; a migliorare il modo in cui esprimo le mie idee.
Supporto, idee, confronti. Per questo vi ringrazio, care lettrici e cari lettori. E vi ricordo che, qualora voleste sostenermi attivamente, potete visitare due link: questo e questo. Oppure iscrivervi se non lo avete già fatto, o fare iscrivere i vostri zii, le vostre mamme, le vostre nonne, i vostri cugini che corrono le Iron man (per farmi ridere dietro). Fine réclame.
Quindi? Qual è sto buon proposito?
L’universo dei guru della produttività, dello sport, della performance ha canalizzato la narrazione del successo individuale all’interno di un unico filone.
Prove ‘em wrong. Dimostra che loro sbagliano.
E che tu stesso hai sbagliato, nel momento in cui hai continuato a ripeterti non ce la faccio, solo per spronarti.
Un’intera serie di commercials, video motivazionali, magliette Adidas ha costruito un immaginario nel quale la dimostrazione di forza individuale si esprime nella misura in cui si zittiscono le voci dei detrattori.
Fantastico. C’è una sensazione migliore che provare agli altri che loro avevano torto e tu avevi ragione?
Che senso di onnipotenza: mentre loro criticano, tu fai. E riesci!
Ma che Calvario combattere ogni volta contro la pressione dei non sei abbastanza, non sei al livello, non ce la fai.
Ma poi, ho incrociato il contenuto di uno dei pochissimi esempi di sportivo che apprezzo (oltre a Eliud Kipchoge ovviamente: qui la puntata su di lui). Un tizio di nome Nick Bare, che oltre a essere un imprenditore di successo è un maratoneta e triatleta che, partito da un personal best di 4 ore e 10 sulla maratona è finito per correrla in meno di 2 ore e 50.
Ebbene, Nick Bare qualche settimana fa ha ribaltato la retorica (qui il video).
Prove yourself right. Dimostra che tu avevi ragione.
È una versione totalmente diversa del film.
La retorica di provare a qualcuno che sta sbagliando parte dal pressuposto che tu sia debole, che tu non sia abbastanza. E tu traspari, al limite in negativo. Il negativo di una scommessa finita male, che ha come effetto collaterale il tuo successo.
Quando gareggi, quando decidi di cominciare un progetto personale, quando ti cimenti in una qualsiasi qualcosa con questo mindset finisci per combattere non solo con la cosa che stai facendo (fare le cose non è facile), ma anche con il senso di insicurezza che ti viene trasmesso dal tuo cervello in primis, e poi da tutte le persone che dubitano delle tue capacità.
Al contrario, fare per dimostrare che si ha ragione parte da tutt’altra consapevolezza nei propri mezzi.
Ragione di cosa? Ragione nel puntare su sé stessi. Ragione nel credere nei propri mezzi. Ragione nel credere nelle possibilità che l’impegno può aiutare a trasformare in realtà. Ragione nel credere nella bontà delle proprie azioni.
E allora ecco il mio buon proposito del 2023
Provare che io ho ragione. Che quello in cui credo è vero, gli obiettivi che credo di poter raggiungere non sono un sogno, un’illusione. Tutto questo nel rispetto di me stesso e degli altri, che non deve mai mancare.
Credere nella forza della preparazione, del metodo, dell’intenzionalità e dimostrare che la scommessa su me stesso era quella giusta.
Tutto qui. Facile a dirsi?
Credo di sì: credo che sia uno di quei casi in cui qualcosa è più facile a dirsi che a farsi.
Questo è il mio buon proposito per il 2023.
Auguro a tutte e tutti voi di trovare il proposito per quest’anno. E di ritrovarci tra un anno a parlare di come abbiamo dimostrato di avere ragione nel credere in questo nostro buon proposito.
Me contro me | Dall-E