Ha senso studiare Storia oggi?
Cosa e come studiare la Storia può insegnarci ad affinare alcune abilità sempre utili in molti contesti della nostra vita.
Fine agosto.
La morsa del caldo - quella formula tanto ridicola quanto parte di un certo bon ton dei giornali e telegiornali sonnolenti dei mesi estivi, che di certo non possono parlare di caldo infame bastardo - ha allungato il suo braccio umido per prendersi queste giornate di fine estate.
Già, perché sarò io strano, ma dopo il 20 di agosto per me siamo a fine estate - non la pensano allo stesso modo le zanzare tigre. Settembre è dietro l’angolo e nella mia testa di giovane fresco di studi questo mese significa, ancora, solo una cosa: tornare a scuola, riprendere l’Università. Insomma, riprendere le fila di quello che conta davvero.
September 1st is the new New Year’s Eve.
Mentre passo giornate lente in campagna, tra il lavoro, gli allenamenti, le toccate e fuga domenicali al mare, mi capita che gli occhi cadano sulla sfilza di libri che nel tempo ho accumulato.
Per evidenti ragioni di spazio è impossibile trasferire tutti questi libri a Milano. Per cui, mentre sono in Romagna, vago tra le varie latitudini geografiche di vaste librerie sparse per la casa.
I romanzi, innanzitutto, i tanti romanzi che ho letto nel corso del tempo: rintraccio precise ere geologiche della mia formazione e del mio passato, stratificate in nuclei di libri che si assomigliano un po’ e messi sugli scaffali uno dietro l’altro, come per associazione. E allora c’è l’isola di Carver, Roth e degli americani; poi quella di Gadda, giù fino a Manzoni e su fino a Pasolini e ad Arbasino; poi, ancora, Dagerman insieme a Tolkien e a Dick (strano gruppetto).
E poi i saggi: al di là della manualistica universitaria, in questo particolare accrocchio di volumi ritrovo tanti saggi storici.
Anzi. Principalmente saggi storici; quasi solo saggi storici.
E mi sono chiesto: non saranno troppi questi saggi storici? Avrei potuto spendere il mio tempo diversamente, meglio? Invece di dedicare le poche ore buche, ed energie residue, di certe estati a meditare sulle conseguenze infauste del Concilio di Trento, di quelle ancora più infauste di anatemi come il cuius regio eius religio, di quelle infaustissime della Marcia su e del Sacco di Roma (ordine inverso: conseguenze veramente tanto infauste), avrei potuto spendere il mio tempo in maniera più proficua, per me stesso e per il mondo?
E ancora: esistono davvero professionisti che passano il loro tempo a studiare la Storia? Bello, per carità, ma non ci sarà qualcosa di più utile? È necessaria, oggi, la presenza degli storici in un Paese in cui effettivamente mancano competenze - dette anche hard skills - di carattere molto pratico?
I professionisti della Storia esistono davvero
Ho sempre considerato lo studio della Storia uno dei passatempi più divertenti in assoluto. Sono stato fortunato a poter portare avanti i miei studi in libertà, ad avere maestre e maestri che di volta in volta non mi hanno fatto sentire solo in questa passione, visto lo zelo che hanno profuso nell’insegnamento.
Ma non di sola passione vive lo storico, e ci sono certe pratiche importanti e da seguire quando ci si addentra nello studio di questa affascinante materia - di nuovo, grazie a maestri e maestre per avermi introdotto a queste pratiche.
Solo più tardi ho scoperto il perché di questo piacere nello studio della Storia, e l’importanza dell’esistenza di storici professionisti.
Sì, più ci penso più mi sembra assurdo: esistono storici di professione. Ricercatori, innanzitutto: meglio conosciuti come giornalisti, professori, divulgatori, autori da Pulitzer addirittura.
Se un umanista di formazione, appassionato di Storia come me, si è dovuto rendere conto dell’esistenza assurda di storici di professione, vi lascio immaginare fino a che punto questi onesti lavoratori siano bistrattati.
Esistono urgenze più importanti di scoprire l’alimentazione dei Romani, di approfondire i riti funebri dei babilonesi; o dell’area di influenza della Lineare B - il sistema di scrittura a cui è riconducibile l’alfabeto che descrive il greco antico. Ci sono ponti da tirare su, problemi energetici da risolvere, dilemmi tutti giurisprudenziali sull’influenza delle IA sulle nostre vite.
E invece io, che a sto benedetto digitale mi sono legato per passione e professione sono qui a dire: meno male che ci sono gli storici, meno male che qualcuno ha la Storia per passatempo, ma non solo. Sono fermamente convinto che la formazione storica abbia avuto un importante impatto su una serie di skills e capacità che mi è servito sviluppare durante la mia seconda vita.
Spiegare a un marketer come lavora uno storico
Come spiegare a un non addetto ai lavori cosa fa uno storico? Come lavora? Cosa c’è di interessante in questa disciplina?
Ho preso come esempio il marketing perché si tratta del settore nel quale vivo e respiro oggi, quello che mi dà da mangiare: con un po’ di fantasia, credo che ci siano analogie tra il mestiere di storico e ogni mestiere.
C’è un famosissimo TEDtalk di Simon Sinek, quello in cui il guru del marketing racconta di come un esperto del settore debba partire dal perché? prima ancora che dal come? o cosa?.
In poche parole, puoi ispiare chiunque a fare qualsiasi cosa (quindi comprare, ad esempio) se il tuo discorso è impostato in questa maniera:
Perché fai quello che fai?
Come fai quello che fai?
Cosa fai?
Le persone non comprano cosa fai, comprano il perché lo fai: ecco in cosa credo (il mio perché), ecco come metto in pratica quello in cui credo (il come), ecco come in maniera tangibile ti propongo la cosa in cui credo (il cosa).
Controintuitivo? Astruso? A fine episodio c’è il video di Mr. Sinek che lo spiega, sottotitolato in italiano.
Curiosamente, se vogliamo il metodo storico si muove esattamente sullo stesso binario di questo processo dialettico, ma in senso opposto.
Raccoglie le cose, spiega i come e cerca di risalire ai perché.
Eh sì, perché servono prove per dimostrare il movente di un’azione storica. Non basta dire che Carlo Magno si è fatto proclamare imperatore nella notte di Natale dell’800 dopo Cristo (cosa); bisogna anche spiegare il come lo abbia fatto - a Roma, dal papa - per arrivare a capire in definitiva il perché: dare al suo gesto la patente di sacralità, un gesto voluto da Dio.
Cosa, come, perché.
Allora, non è azzardato affermare che effettivamente il marketing e la Storia siano in qualche modo parenti: con buona pace di marketers iper tecnici di formazione economica e scientifica, siamo a tutti gli effetti nell’ambito delle humanities, le materie umanistiche (eh sì, cari economisti-marketers, siete parte delle scienze delle merendine, e non lo sapevate).
I migliori venditori e pubblicitari conoscono la società, gli uomini e le donne che la compongono in tanti loro aspetti, così come il migliore storico, come diceva Marc Bloch, il padrino della storiografia contemporanea, è come un orco. E l’orco va là dove fiuta l’odore di carne umana. La conoscenza della Storia non sono le date, gli eventi, gli oggetti: è la conoscenza dell’Essere umano nel tempo - sempre Bloch.
Quello che non cambia, insomma, è che al di là delle Cose per lo storico l’importanza del Perché? resta l’elemento fondamentale.
Conoscienza dell’Essere Umano nel presente da un lato; conoscienza dell’uomo nel tempo dall’altro. Sincronia; diacronia.
Studiare Storia oggi
Purtroppo, mi sono sentito dire di recente che lo studio della Storia è sostituibile da ore di informatica, o di materie scientifiche. Abbiamo bisogno di ingegneri, di scienziati. Non di storici, per gli storici non c’è lavoro.
Mentre nulla di falso c’è, purtroppo, nell’ultima affermazione, vorrei dissentire circa l’utilità della Storia oggi.
Se dovessi chiedere qual è il ricordo più emblematico delle ore passate a studiare Storia, credo che la risposta che mi verrebbe data dalla maggior parte delle persone potrebbe essere pressapoco questa:
1453 - la caduta di Costantinopoli
1492 - la scoperta dell’America
1517 - le 95 tesi di Lutero
1789 - la Rivoluzione Francese
… e così via
Considerando che siamo parte di un’umanità di cui gli individui mediamente faticano a ricordare cosa hanno mangiato ieri sera, il fatto di ricordare gli estremi della Rivoluzione Francese e delle Guerre Mondiali dovrebbe essere un gran successo per il corpo docenti e per gli emissari ministeriali atti a controllare i livelli di scolarizzazione della nostra gloriosa società.
Impara la data dell’Unità d’Italia e sembrerai il più intelligente dei provini del Grande Fratello! Beh, è pur sempre una notizia.
È utile studiare Storia in maniera totalmente nozionistica oggi? Il massimo che può darci questa materia sono conoscenze utili ad accrescere il nostro livello culturale e basta?
Credo che la risposta sia scontata, e si riallacci al discorso effettuato poc’anzi.
Le date, le battaglie, i gesti estremi, i concordati nascondono i Come e soprattutto i Perché di uomini in carne ed ossa, che vivono e agiscono in un tempo e in uno spazio diverso, diversissimo dal nostro, segnato da dinamiche culturali lontanissime.
Tanto lontane da essere di comprensione difficile, difficilissima.
Il tentativo di spiegare Cosa è accaduto a partire dai Perché che hanno mosso i protagonisti, dalla profondità, complessità e diversità dei contesti di partenza è ciò che dovrebbe rendere lo studio della Storia imprescindibile: un esercizio al pensiero critico.
Utile non solo alla lettura del Passato, ma anche a quella del Presente: l’esercizio alla comprensione a cui ci abitua lo studio della Storia è il nostro antidoto contro i giudizi affrettati, contro un’umanità dei cosa semplici e affrettati.
La mia prima lezione di Storia della Chiesa Medievale si aprì così: lo storico non giudica. Lo storico comprende.
Ripensare a questo insegnamento alla luce della deriva che ha preso l’utilizzo della Storia oggi può essere utile ad arginare pericolose derive, accuse e processi alla Storia stessa, come quelli della cancel culture.
Vorrei che si ripartisse dal capire che l’ora di Storia per chi va a scuola, o la visita di un monumento, di una Chiesa, di un Museo, l’ascolto di un anziano per chi all’anagrafe è cresciuto un po’ troppo, non è un tribunale dell’inquisizione in cui dispensare giudizi dall’alto del tutt’altro che perfetto sistema di valori che guida oggi la nostra umanità contemporanea.
L’ora di Storia è il momento in cui esercitarsi alla comprensione, alla complessità, in cui dotarsi di strumenti critici per riconoscere nel diverso nel Tempo i tratti comuni e (per fortuna) non comuni all’interno delle fasce che compongono la nostra stessa umanità.
Direi che vale la pena lasciar finire il pezzo al nume tutelare delle scienze storiche nostrane, il prof Barbero: vi lascio con un breve reel, che più chiaro, conciso, semplice non si può.
*Il link al TedTalk di Simon Sinek