Elogio del comfort
Torno a parlare di comfort, dopo che troppe volte, probabilmente, ho parlato del suo opposto (scoprendo che discomfort è una parola estremamente cacofonica).
Nella scorsa puntata di ACPQC? ho espresso la mia opinione sull’idea del timing perfetto per costruire una salutare buona abitudine.
A volte semplicemente non è il momento ideale per imbarcarsi in qualcosa di nuovo, in una nuova buona abitudine, in una situazione che ci metta fuori dalla famigerata zona di comfort.
Ah, la zona di comfort: il nemico giurato di tutte le categorie di uomini e donne liberi, un Moloch per quell’1% di individui liberi del mondo.
Con la convinzione di essere all’interno di un 5% di esseri umani eletti, ma volendo maledettamente entrare in quel dannato 1% di superuomini e donne, ho cercato di fare del mio meglio per denigrare la zona di comfort, con tutte le mie forze e con tutto il mio cuore.
Diciamo che ancora oggi la zona di comfort mi sta un po’ sulle balle, se devo essere sincero, e in situazioni mentali in cui la mia lucidità è pienamente a segno cerco di impegnarmi per passare larghe parti del mio tempo fuori da questo intorno.
Tuttavia, non si tratta di qualcosa di semplice. E prima o poi la zona di comfort chiede il conto.
Starsene nella zona di comfort è inevitabile
E allora sei lì, con la tua lanterna, pronto ad esplorare i luoghi ignoti al di fuori della tua zona di comfort. A un certo punto, a forza di vagare ti accorgi che l’aria là fuori è acida.
Se passi troppo tempo in questo pH ostile di ammali, è inevitabile. Ci vuole un approccio ponderato, ci vuole moderazione, bilanciamento. Bisogna avere, in effetti, lo stile dell’esploratore più saggio, nel calarsi in mondi sconosciuti. Una specie di passo felpato, strisciando quasi all’interno di questo calderone.
Basta, mi sono fatto prendere la mano dalle analogie, torno al punto.
Per fare un esempio che in qualche modo mi pertiene: l’approccio dovrebbe essere lo stesso dell’allenamento fisico, e cioè mettersi in testa che il riposo è importante quanto lo stimolo, che il riposo è importante più dello stimolo. Perché il muscolo non prende la sua forma di muscolo durante l’attività, ma durante il riposo che segue l’attività.
Allo stesso tempo bisogna trattare la capacità di esporsi alla zona di comfort proprio come se fosse un muscolo. Questo è l’approccio che più mi ha aiutato a progredire in tutto quello che ho fatto.
Prendiamo la corsa - e te pareva?
I miei inizi con la corsa, a fine dicembre 2020, possono ricordare una specie di colpo di fulmine giovanile, in cui vuoi tutto e subito: e allora bruci le tappe, fai promesse...
Due mesi e poco più e corri i tuoi primi 21 kilometri, passano altre due settimane e prometti: tra sei mesi correrò la mia prima maratona.
Wow, ogni corsa ti spingi al di là del dolore non solo quel tanto che basta per farti dire anche oggi sto progredendo, ma molto di più. Un kilometro in più, un minuto in meno sull’orologio. Giorno dopo giorno dopo giorno, tutti i giorni.
E poi ti fai male. Così, a caso, senza motivo. Sembra che ti stai godendo l’ennesima esplorazione ai confini delle tue possibilità fisiche e puff, dolore al tendine d’Achille sinistro.
È arrivato il messaggio?
Ho imparato così a bilanciare gli sforzi, e a dare un significato diverso a quei momenti in cui l’allenamento richiede esplicitamente di uscire dalla zona di comfort. Ho anche imparato ad approfondire il rapporto con quelle corse facili, quegli allenamenti normali che sono richiesti in ogni preparazione.
Come se la capacità di correre fosse un muscolo, è tutto un gioco di sforzo, recupero, adattamento, e così via: per salvaguardare il tessuto e l’articolazione, bisogna coccolare un po’ la parte lesa, ecco.
Ma non vale solo per la corsa
Il concetto di zona di comfort vale anche per attività molto più down to earth, non c’entra correre maratone o spaccarsi di docce fredde.
Durante il mio periodo in Toscana tra gennaio e marzo a imparare un nuovo lavoro, a barcamenarmi in una situazione sconosciuta, in dinamiche totalmente sconosciute, ho passato il mio tempo libero ad ascoltare sempre la stessa musica, riguardare The Office (tutto The Office) per la seconda volta, e a rileggere il Signore degli Anelli.
Come se non sapessi a memoria come finisce il Signore degli Anelli. Come se non avessi già incamerato gli elementi più esilaranti di The Office, e non li stessi già integrando in battute e small talk con colleghi e amici che hanno già visto la serie.
Se non è una zona di comfort questa…
Quando il carico mentale di base si è alzato, le mie fonti di intrattenimento sono dovute passare a una formula più soft, in grado di distrarmi senza gravare ulteriormente sulle mie funzioni cognitive - poverine.
Vi assicuro che la differenza tra una serie TV di comfort e, che so, guardare il Grande Fratello è abissale. Ma questo non per giustificarmi, solo per ricordare che non c’è assolutamente nulla di male nel rilassarsi.
Nel rilassarsi si metabolizza e si sedimenta quello che di buono ci si è portati a casa dalla propria esperienza fuori dalla zona di comfort. Una specie di riposo del guerriero, se vogliamo chiamarlo così. Calmare i nervi quotidianamente per poter migliorare giorno dopo giorno in quello che amiamo e (forse sopratutto) non amiamo fare.