A cosa penso quando corro - Un normale tratto di umana quotidianità
Quante volte impreco durante il giorno? Quante volte mi scappa un vaffanculo durante la settimana? Incalcolabili. "Se mi dessero 10 cent ogni volta che mando a cagare qualcuno..."
Ogni volta che esco di casa per correre posso mettere la mano sul fuoco sul fatto che assisterò ad un litigio tra un autista e un ciclista, infastiditi dalla reciproca presenza nel qui e ora degli spostamenti quotidiani da e verso il luogo di lavoro.
Prossima gara: Maratona di Ravenna, 13 Novembre 2022
Km percorsi: 409.83
Il primo uomo che ha scagliato un insulto invece che una pietra, egli è stato il fondatore della civiltà. (S. Freud)
Quando una bici e un monopattino si incontrano
Allora, capita che: «Vaffanculo, brutto stronzo, mi hai tagliato la strada».
Al supermercato: «c’ero io prima di te in fila, deficiente». E poi, in fila alle poste, sui mezzi pubblici, in fila per l'ape in spiaggia, nel traffico delle 18.30...
Credo di aver visto persone litigare anche in chiesa (per una visuale perfetta su celebrante, Santissimo Sacramento, coro e chierichetti, salvo poi dover "scambiare un segno di pace", che nelle pie e devote intenzioni potrebbe ben essere un bel dito medio)...
L’altro giorno, durante una fresca corsa di settembre all’alba, capita di assistere ad un battibecco tra un monopattino elettrico e un ciclista.
«Vaffanculo, mi hai quasi preso in pieno». Ma quale brutalità! Ma sarebbero i modi di fare di un vivere civile?
Attenzione: non giudichiamo troppo rapidamente il vaffanculo che il ciclista e il monopattinista si sono riservati. Pensiamo se, al posto di un pressoché innocuo vaffanculo, si fosse passati direttamente a una scazzottata.
La capacità di insultarci e di essere insultati salva ogni giorno denti, dentiere, setti nasali e anche vite - non dovrebbe preoccupare forse di più il venire meno di questa capacità di essere insultati, che porta ad eccessi di rabbia incontrollati sempre più frequenti? Incasso meglio un vaffanculo di un destro sul naso, ecco. Ah, l'insulto-male-minore...
Incidentalmente, in questo periodo mi è capitato di leggere un interessantissimo libricino: Insultare gli altri, di Filippo Domaneschi, edito da Einaudi nella sua collana di saggistica contemporanea smaccatamente pop Vele.
Cosa noto in questa esplosione di normalità alla luce di questa lettura?
Che verso fa l’essere umano?
Il vaffanculo reciproco che si sono vomitati addosso il ciclista e il monopattinista: cos’è?
Stando all'autore del saggio che ho letto l’espressione sarebbe a malapena un insulto vero e proprio. O meglio, nel vaffanculo i confini dell’insulto si confondono in una specie di riflesso involontario.
Mi capita una sfiga, anche di poco conto → impreco: è uno dei tratti più genuinamente umani che riesco ad associare alla nostra specie.
Il vaffanculo ha le sembianze di un verso animalesco.
Riflettiamoci su un secondo. Innanzitutto, cosa vorrebbe dire letteralmente l’espressione "vaffanculo"? Nulla. Anche parafrasandola - “Vai a fare in culo” - la sostanza non cambia: che tipo di ordine è mai, questo?
Una cosa curiosa è che sia Vaffanculo che la sua variante mutilata Fanculo hanno un bel suono cosiddetto eiacultorio.
Rispettivamente, i fonemi [v] ed [f] fanno parte della stessa famiglia di consonanti - le cosidette labiodentali, pronunciate chiudendo il labbro inferiore contro i denti superiori. Il canale di passaggio si restringe e spingere fuori il flusso d'aria diventa più complesso.
Facciamo un esperimento. Provate a sputare l'aria fuori della bocca mentre pronunciate una v o una f: notate quanto la fuoriuscita sia compromessa dalla strettoia formata da denti e labbro?
Immaginate questo momento "v" ed "f" come il caricamento di una detonazione prossima: un suono costretto dalla ristrettezza di spazio che monta, monta, monta con la rabbia ed... esplode in un affanculo liberatorio.
Andiamo oltre: cambiamo il vaffanculo con qualsiasi altra espressione lanciata contro qualcuno. Stronzo, coglione, pezzo di merda, figlio di puttana. Il risultato cambia? Non mi sembra.
Sono espressioni assolutamente intercambiabili, che pronunciamo senza chiederci perché evochiamo proprio quel termine.
Così come vaffanculo significa nulla, allo stesso modo nessuno pensa che la persona che gli ha tagliato la strada abbia le sembianze di un testicolo, o quelle di un escremento.
Ci avevate mai pensato? È una cosa talmente naturale che no, io non ci avevo mai pensato...
"Ho intenzione di insultarti"
Quando l’insulto diventa intenzionale le cose si complicano.
Le vette retoriche toccate dall'insulto possono essere incredibili: è il caso di forme come satira, cabarettistica, ibridi come la vignettistica o forme completamente digitalizzate come il meme.
Un insulto intenzionale ben assestato e congegnato, studiato nei tempi e nei modi corretti, può provocare danni potenzialmente incalcolabili. Al contrario, se una parte della ricetta per l’insulto perfetto decade, la figuraccia è assicurata.
Guai a prendere l'insulto come un acuto insensato del discorso, un di più privo di senso. Specie se esso è utilizzato nel sorvegliatissimo contesto della campagna elettorale...
Pensiamoci: a cosa stiamo assistendo durante questa campagna elettorale?
L'insulto è un modus operandi autopromozionale usato ed abusato. Consideriamo uno schema sillogistico del tipo: "Loro sono cattivi. Noi non siamo loro: quindi siamo buoni". Suona familiare, vero?
Per non parlare dei casi in cui le ideologie linguistiche sono oggetto di dibattito pubblico: il grande caso recente in questo senso è stato quello del DDL Zan e del suo scudo anche linguistico contro ingiurie rivolte a determinate categorie.
Insultatori beneducati e competenti
L'insulto è un termometro della competenza sociale acquisita da un individuo.
Una prova di questa affermazione? Nulla di strano, di lontano o di astratto: i bambini.
Questo caso è interessante. I bambini insultano quasi sempre in maniera intenzionale.
Ma non ci interessa tanto scoprire - come già ci hanno detto 150 anni di studi di psicologia - che i bambini non sono ideali modelli di purezza pascoliana. Ci interessa piuttosto questo: quali tratti insultano i bambini?
Passare dal bersagliare l’insultato per una caratteristica fisica (ciccione, nanetto, tipico degli infanti) nelle primissime fasi allo stigmatizzare una caratteristica comportamentale prima e morale o sociale poi rappresenta una svolta di un certo tipo durante lo sviluppo.
D'altra parte, non si dice che l'attacco a una caratteristica fisica sia l'ultima spiaggia di un insultatore ai ferri corti? (E che il livello dopo siano le percosse...)
Attraverso l'arte dell'insulto impariamo a definire i nostri orizzonti mentali, a definire cosa è per noi deprecabile e cosa no, a capire cosa sono io e cosa mi differenzia dagli altri; e comincia a trasparire il sistema di valori individuali a cui si aderisce. La casistica è sterminata, impossibile giudicare - d’altro canto, la linguistica non giudica, si limita ad osservare, e ad annotare.
In poche parole: con gli insulti definiamo cosa per noi è normale e cosa non lo è. Creiamo la nostra normalità.
Conclusioni: come comportarsi con la lingua?
Termino questa brevissima e non-esaustiva corsa-riflessione nel mondo degli insulti con una domanda: siamo degli insultatori competenti?
Ci rendiamo conto che spesso l'insulto intenzionale ci è concesso dall'altro di una supremazia fisica, culturale, economica, sociale che imponiamo sugli altri?
Sappiamo distinguere un insulto innocuo e personale da una provocazione estesa a categorie sociali ampissime?
E la soluzione per educarci ad essere degli insultatori più consapevoli è la censura? (spoiler: per me la risposta è no).
Per discutere correttamente della questione occorrerebbe lo spazio di una trattazione esaustiva come quella di Insultare gli altri: che non posso che consigliare per una panoramica ad ampio spettro su questo affascinante tratto di normale quotidianità umana.
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Questa settimana ho ascoltato:
Ho ascoltato un bellissimo nuovo album di Julia Jacklin. Non mi erano mai piaciute le musiciste donne che non fossero pianiste classiche. Poi qualcosa questo album mi ha sbloccato.