A cosa penso quando corro - Let's dance
Mentre stai ricevendo questo brano nel tuo inbox, io starò correndo la mia Maratona di Ravenna, finalmente.
L’ultima settimana che mi ha condotto a questo evento - tanto insignificante per la Storia dell'Umanità quanto fondamentale per me - è stata una montagna russa emotiva.
Non sto esagerando, anche se messa giù così può sembrare drammatica, e un po' drastica.
Da un lato, la paura di allacciarsi le scarpe e scendere in strada a sfidare una distanza che non ho mai sentito lontana come in questa occasione - pur essendo al termine di una preparazione.
Dall’altro, la felicità e la gratitudine per avere anche solo la possibilità biologica di potermi cimentare in una prova come questa; la fiducia nei miei mezzi; la voglia di godermi una giornata di sport al massimo delle mie possibilità.
Ma visto che è facile giudicare il viaggio una volta giunti al traguardo: così nelle mie brevi corse settimanali ho riflettuto sul percorso che mi ha portato dove sono in questo momento.
Prossima gara: MARATONA DI RAVENNA - OGGI
Non abbiamo fatto nulla
Le interviste ai calciatori, agli allenatori e ai dirigenti delle squadre di calcio sono tutte uguali.
Nessuno è mai contento.
Ogni volta che mi capita di sentire un allenatore intervistato dopo una vittoria, nonostante i complimenti, la reazione è più vicina allo sconforto che altro:
«Abbiamo fatto una buona partita, ma non abbiamo guadagnato nulla se non vinceremo la prossima».
Il calcio - ma lo sport in generale - ci insegna sempre che la gara più importante è sempre la prossima.
Ho fatto mio questo insegnamento, per quanto possibile. Esso porta con sé certe cose buone, e certe cose meno buone. Bisogna mettere alcuni paletti ad alcune frasi, ecco.
Non accontentarsi se va bene; non piangersi addosso se va male. E fino a qui tutto bene. Grazie tante, il tipo di filosofia per cui mi sono iscritto.
Il rovescio della medaglia è che, agonismo o meno, professionismo o meno, questo modo di vivere un passatempo tanto pervasivo quanto appassionante finisce per provocare... noia.
Dopo la mia prima Maratona, corsa a Roma lo scorso marzo, ho provato a fare mio questo insegnamento. Ho voluto subito osare. Di lì a un mese ho sfidato la distanza della mezza maratona, per stabilire un record personale a Verona. E ce l’ho anche fatta!
A quale prezzo? Mi sono stufato di correre.
La mia esistenza si era ridotta a una specie di parodia di professionismo che non potevo permettermi, per un motivo lapalissiano (ma non troppo): non sono un professionista.
E non essendo pagato per correre mi sono anche potuto permettere di lasciare perdere, per un po'.
Per circa un mese ho ridotto le corse settimanali al minimo.
E alla scarsa voglia di riprendere si sono aggiunte alcune calamità. I cambiamenti climatici - non è un'esagerazione, un caldo del genere ad aprile? Una crisi pandemica - ho preso il covid a metà giugno.
Ho vissuto uno strano mese di nausea da competizione.
Come ho ricominciato
A metà luglio, più per necessità di ricominciare a mettermi in riga che altro, ho ripreso le mie corse.
Il bello di cominciare a fare qualcosa è proprio cominciare. Ma che bella frase che non vuol dire niente da impostore dei libri da autogrill che ho tirato fuori.
Però fermiamoci un attimo e pensiamoci: cosa c'è di più entusiasmante di avere la fissa per qualcosa e accorgersi di avere tutto a disposizione per potere cominciare?
Ad esempio: l'algoritmo di youtube ti propina un video dove un tizio disegna Maradona e ti accorgi che per provarci anche tu, proprio qui e proprio ora, hai bisogno solo e soltanto di carta e penna.
E cominci. Ed è evidentemente una cagata quella che hai partorito, ma intanto hai cominciato a fare qualcosa.
Bene, ci siamo rimessi in carreggiata: ora si deve spingere.
E poi?
Per mettermi in ritmo con le mie corse ho aperto una Newsletter.
Ho seguito una strategia interessante per motivarmi a scrivere e correre con continuità.
Come credo si sia intuito, adoro fare entrambe le cose. Tuttavia, stare al passo del ritmo richiesto per fare bene entrambe è complesso.
Bene. Correre, abitudine che ho già interiorizzato, è stata l’aggancio perfetto a cui collegare l’atto della scrittura. L’atto della corsa innesca l’atto della scrittura; fare una cosa implica che dopo farò l’altra.
Contorto? In realtà no, ed è un trucco che si può rubare per fare qualsiasi cosa.
Facciamo finta che io voglia cominciare a meditare, cosa che non faccio. Come approccerei il compito?
Individua qualcosa che fai tutti i giorni. Colazione? Lavarmi i denti? Vada per lavarmi i denti, alla sera prima di andare a dormire.
A questo punto creo un blocco di azioni: ossia associo all'attività del lavaggio dei denti un'altra azione, ossia 10 minuti di meditazione.
Mi lavo i denti - metto giù lo spazzolino - vado in camera - medito.
E così via… Il tutto diventa un'unica macro azione. Non puoi lavarti i denti se poi non mediti, e viceversa.
Bene, io non posso correre se poi non scrivo.
Tutto bene finché…
Tutto bene finché non salta fuori un vecchio problema fisico. Il tendine d’Achille della gamba destra si irrigidisce, si infiamma.
È un problema con cui ho imparato a convivere. Si è manifestato per la prima volta lo scorso anno, durante la preparazione della mia prima Mezza Maratona
Lentamente, il problema si è dileguato nel tempo… ed è tornato in questa fase della preparazione - a inizio settembre.
Corro ai ripari: è il momento di cominciare una serie di trattamenti dall’osteopata.
Ci sono una serie di cose da sistemare. Poi la frase che mi stende: meglio stare fermi per un paio di settimane.
«Ma no, ma come, ma io devo allenarmi».
Miglior consiglio mai ricevuto. Il dolore se ne va, riprendo con gli allenamenti.
Sono pimpante, sono fresco sono reattivo. I lunghi vanno via che è una meraviglia.
Poi il disastro: o no?
Gli utlimi lunghi, dicevo, vanno bene. Fino a quello dei 32,5 kilometri di distanza.
Long story short, visto che ne ho parlato diffusamente qui, me ne sto fermo praticamente una settimana e torno a correre un lungo finale solo due settimane dopo.
Il programma diceva 35km. Ne faccio 30. È stata una delle corse più faticose che abbia mai provato a fare. Le gambe semplicemente non vanno: fatico a metterne una avanti all'altra.
Mi trascino a casa. Il piede fa moderatamente male; si sfiamma in qualche giorno, e a fine settimana, a 7 giorni dalla gara, provo a correre 20 kilometri finale, al termine dei quali dovrei essere energico a sufficienza per correrne altri 20.
Come avevo esordito? Una montagna russa emotiva. Lo sconforto, l'eccitazione - la carica, il timore.
Ma poi timore di cosa?
È sabato sera, tra meno di 12 ore sarò in via di Roma al punto di partenza.
Stai per correre una maratona. Stai per fare quello che ami, è il momento che aspetti da un mese.
C'è veramente spazio per la paura tra le emozioni che voglio provare oggi?
No.
Fisso il pettorale 1243, che ho recuperato stamattina, al mio tank (fedelissimo) con le spille; come al solito viene storto da un lato.
Mio fratello dice che la mia idea di outfit per la corsa è ridicola: una maglia termica a maniche corte e sopra una specie di canotta. Mi giustifico, ha messo acqua e se piove meno roba hai addosso meno roba si inzuppa. Meno peso, meno freddo. Ci ridiamo sopra.
Chi sa, mi manda gli in bocca al lupo. Mi sento fortunato.
Mentre stai leggendo questa mail, chissà dove sono. Se fermo al traguardo, se al decimo kilometro; se già arrivato o se mai partito per la paura.
Lo stiamo per scoprire: e non vedo l'ora di vivere questa scoperta.
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Questa settimana ho ascoltato...
La playlist pre-gara. Che è segreta.