A cosa penso quando corro - La mia maratona
In fondo siamo solo persone adulte che pagano soldi per svegliarsi una domenica mattina alle 7 meno 10, con una temperatura compresa tra i 10 e i 15 gradi - con un filo di pioggia - per fare una fatica bestia per 42 kilometri.
Salveremo il mondo? No.
Lo peggioreremo? No.
Siamo felici così? Sì.
Chi ben comincia...
Sabato mattina.
Due sere prima della partenza per questa mia maratona me ne torno a casa, a Ravenna, con un Frecciarossa comodissimo e, soprattutto, in perfetto orario.
E già qui, cominciano a crescere i sospetti.
Sospetti a parte, sabato mattina, l'indomani, carico il mio amico Elvio in macchina e andiamo a recuperare i pettorali - che non sono muscoli pronunciati, ma i "numeri" che vedete sopra il petto degli atleti.
Il pettorale è il passepartout del podista, un lasciapassare verso qualsiasi zona calda della gara: partenze, arrivi, navetta di trasporto atleti.
È anche un perfetto distintivo per gli autisti in coda alle rotonde - fermati da volontari-agenti del traffico che sfoggiando la loro pettorina gialla per l'occasione - che vorrebbero farsi una giornata di novembre a vedere il mare d'inverno. I ciclisti li riconosci e li insulti grazie al caschetto, i podisti come li riconosci sennò?
Dietro al pettorale è installato un chip usa e getta che serve a rilevare i tempi di percorrenza dell'atleta allorquando, in determinate fasi della gara, si passa a fianco di speciali sensori posizionati dai giudici di gara (veri e propri sbirri podistici).
La cosa bella del momento del ritiro dei pettorali è che le organizzazioni delle gare montano attorno a questo rituale magico delle vere e proprie fiere della corsa. Dei parchi a tema per podisti.
Essendo i podisti un raggruppamento eterogeneo e trasversale di esseri umani (non sono una categoria, come i ciclisti), il genere di cose che si possono trovare a queste fiere sono davvero disparate
E allora prendi il pettorale e subito dopo sei fermato da figure e figuri di ogni genere che cercano di far leva sulla tua passione per rifilarti, nell'ordine:
Scarpe da corsa costosissime;
Massaggi decontratturanti pre-gara;
Partecipazione ad altre maratone;
Il catalogo del BricoMan - effettivamente il runner medio è nell'età target del cliente dei negozi di bricolage;
Alimenti probiotici;
Integratori alimentari - e qui mi sono fatto fregare e ho comprato una sporta di "gel", mix letali di zuccheri e caffeina che costituiscono una fonte di alimentazione preferenziale durante la gara.
Il figuro più interessante che ferma me e il mio amico Elvio è, però, un signore che ha preso a cuore la maratona di Ravenna al punto da aiutare i volontari (giovanissimi) delle scuole nella consegna di pacco gara (su cui torneremo) e maglietta ricordo.
Questo signore, infatti, con fare ironico, un po' romagnolo, ci chiede le taglie della maglietta. Poi trova un pretesto per attaccare bottone; o meglio, glielo offro io.
"Ma lei è del Ravenna Runners Club?" (il gruppo che organizza la maratona). La risposta è "No". Condita da esternazioni tipo "Io non ho mai avuto bisogno di squadre, io corro da solo".
Poi aggiunge: "Io alla vostra età correvo i 100 metri in 10.03 secondi". Sticazzi. Rasentiamo il professionismo.
E rincarando la dose: "Beh, sapete, io mi sono allenato con Mennea!". Accipicchia, Che vita avrebbe detto Samuele Bersani - nel brano Pietro Mennea e Sara Simeoni son rivali all'elezioni.
Dopo essere stati battezzati dal Justin Gatlin di Marina Romea - che ha poi asserito di poter finire una maratona solo con la forza di volontà - ce ne torniamo a casa e finalmente posso aprire... il pacco gara.
Cos'è il pacco gara?
Per chi non sia avvezzǝ al mondo del podismo o degli sport di resistenza in generale, il pacco gara consiste di una borsa ricolma di cose utili per la gara (1% del pacco gara), gadget, giornali, depliant, fogli e chincagli dei più vari.
Tra le menzioni notabili di cose trovate in un pacco gara in un anno esatto di gare: un santino, una crema per i piedi applicata giornalmente da un anno e mai finita, l'action figure della mascotte dell'acqua, certotti, campioni di sapone a non finire, detersivo per vestiti, acchiappacolore.
Ma il premio assoluto lo vince la Maratona di Ravenna 2022. Che delizia i suoi partecipanti regalando a ognuno di loro un flacone di sgrassatore Risolvo. Sarà stato un lotto sfigato il mio, ma era anche scaduto - sempre che scada lo sgrassatore.
Raceday - il giorno della gara
Domenica mattina.
Dicevamo, svegliarsi alle 7 meno 10: nel giorno che il Padreterno ha destinato al riposo. Siamo peccatori. Ma tant'è.
Come al solito, il giorno avanti una gara, che sia una Mezza o una Maratona, l'imperativo è uno e uno soltanto: mangiare. Ingozzarsi di carboidrati e di grassi in modo tale da arrivare alla mattina della gara con le riserve di glicogeno ben pronte.
Ricordate la lista delle cose che ho imparato correndo? Bene, controllate la numero 5 così vi risparmio la mia morning routine efficientissima.
Passo da Elvio, mi carica in macchina per andare verso Ravenna. Esce di casa ed è praticamente in tenuta da gara, con solo la termica e la maglietta della gara.
Io ho più o meno 5 strati di vestiti addosso, e sto congelando.
Arriviamo al parcheggio e prendiamo la navetta per arrivare alla zona di arrivo e partenza. Siamo circondati da persone negli outfit più strani.
Sostengo che i runner abbiano un particolare talento a sposare il gusto dell'orrido. In effetti, io stesso non faccio eccezione e mi sono fatto risucchiare da un vortice di mancanza di stile assolutamente in linea con lo spirito della categoria.
C'è gente che indossa calze antitrombosi fluorescenti ovunque; fluo fluo fluo, ovunque fluo (utile se si corre di sera in centro abitato); sacchi della spazzatura (servono a dare un pochino di sollievo dal freddo a coloro che non vogliono lasciare nulla al deposito borse e affrontano in canotta traspirante le rigide temperature mattutine).
Arriviamo alla famigerata zona di partenza. Temporeggiamo dentro al tendone del deposito borse.
Inizia a piovere. Smette subito. Meno male.
Rimando il momento in cui dovrò svestirmi e dichiararmi mentalmente pronto per iniziare. Rimando di 5 minuti in 5 minuti. E niente, mi decido.
10 minuti scarsi di riscaldamento - meglio risparmiare energie - e siamo pronti. Entriamo in griglia.
Faccio l'in bocca al lupo a Elvio, che corre la 21 kilometri. Do un'occhiata alla folla intorno a me.
Mi sento assolutamente a mio agio, sono dove vorrei essere, sto per fare quello che sto aspettando di fare da mesi. Cominciamo.
Parte la gara
Ed è una pioggia di sorpassi subiti.
Fisiologicamente, professionisti a parte un runner di abilità media che corre una mezza maratona andrà più veloce di un pari livello che corre una maratona.
La differenza tra 21 kilometri e 42 kilometri non è uno scherzo, non posso inseguire i mezzomaratoneti che mi superano a destra e sinistra.
Non ci faccio caso, imposto una velocità di crociera e lascio andare la gamba.
Passa il primo kilometro, il secondo... non me ne accorgo, e sono al quinto kilometro, al ristoro.
I kilometri 5-10 della maratona di Ravenna sono splendidi. Si percorre tutto il centro storico della città...
Il battistero degli Ariani, piazza del Popolo, san Vitale... poi il battistero Neoniano, la tomba di Dante, San Francesco.
È uscito un sole tiepido e piacevole. A tratti è caldo. Mi ricordo che devo prendere i gel, e mentre il mio cervello richiede l'input di zuccheri arrivo al kilometro 10.
È passata poco meno di un'ora.
Stiamo uscendo da Ravenna per dirigerci verso Classe. E ci passa di fianco il vincitore della Mezza Maratona. Stava volando. Uno scatto di 21 kilometri.
I kilometri 10-20 sono un lungo rettilineo, andata e ritorno, un giro di boa davanti alla basilica di Classe.
La separazione
Avevo corso la mezza maratona di Ravenna lo scorso anno. Ricordavo a memoria il percorso; ricordavo a memoria dove avevo cominciato a vedere miraggi per la fatica, giusto l'anno prima.
Arrivato al kilometro 19, però c'è la separazione. Ossia, il percorso della maratona e quello della mezza maratona si dividono. Una brusca svolta a destra, giù sotto il cavalcavia ferroviario.
E qui mi parte la prima auto maledizione. Sì, lo ammetto, mi è scappata. Ho corso 19 kilometri e non sono ancora metà, mentre questi bastardi tra due kilometri si staranno mangiando le albicocche essiccate del ristoro finale.
Una leggera fitta comincia a comparire al lato destro del mio costato. Porca vacca, ci risiamo. Come a Roma ero stato ucciso da questo doloruccio, anche qui a Ravenna il dolore si stava intensificando rapidamente.
Che si fa in questi casi? Si corre!
Sei stancǝ? Corri! Le gambe fanno male? Corri.
Tanto semplice, quanto efficace. Il dolore sparisce, per fortuna.
Imbocchiamo il vialone verso Punta Marina (sì, ho anche visto il mare in questa toccata e fuga a casa da Milano).
Sono appaiato ad altrǝ atletǝ che più o meno vanno al mio passo. Vorrei essere da solo, è una fase di gara di riflessione.
Sento i passi di un runner che proseguiva con me, al mio passo. Si era messo in scia. È una specie di turbamento della quiete fastidioso. Provo a isolarmi mentalmente.
Comincio a sintonizzarmi sulla frequenza del mio passo, e funziona!
Mi distraggo solo a un simpatico gruppo di ottuagenari che ai lati della strada, all'ingresso di Punta Marina, suona come una specie di banda un liscio che fa molto Festa dell'Uva. Beh, si corre in casa.
Sto rispondendo bene alla fatica, la prima metà della seconda parte di gara è andata via bene.
E poi arriva il 30esimo kilometro
Cerco di prendere con filosofia la leggenda del 30esimo kilometro.
Si dice che al trentesimo kilometro ci sia una specie di muro che si materializza davanti al runner e che gli impedisce di muoversi ulteriormente. Trovi il muro e ti fermi, perché se hai davanti a te un muro non è che dopo 30 kilometri hai le forze di scavalcarlo, no?
Boh; avrò puntato male il navigatore. Il muro non lo trovo.
Arrivato alla seconda maratona, avendo evitato due muri su due, posso dire che non sei tu che trovi il muro, ma è il muro che trova te. O, per meglio dire: il muro trova chi lo cerca.
Cerchi il muro? Trovi il muro.
Se invece fai come il tizio che è stato dietro di me dal kilometro 31 al kilometro 40 e si ripeteva come un mantra "Se ti dici di non essere stanco, non sei stanco", non troverai nessun muro.
Di questo tratto di gara ricordo la lucidità che sono riuscito a provare.
È una cosa di cui vado fiero: non è facile gestire ed essere lucidi durante tutte le fasi di una gara così lunga.
E così il cervello ha cominciato a dire al resto del corpo: "Ohh veh qua se stiamo andando bene oggi, non c'è nessun bisogno di fermarsi, proprio qui proprio ora..."
E fu così che...
E fu così che kilometro dopo kilometro, metro dopo metro, arrivo al kilometro 40.
È una strana sensazione arrivare al 40esimo kilometro. Dicevo, qualche puntata fa, che per comodità i maratoneti arrotondano per difetto il numero di kilometri che devono coprire. Quaranta (multiplo di 5 e di 4, divisibile per 10) è molto più razionalizzabile di quarantadue dal cervello umano.
Beffardamente, però, restano due kilometri da fare.
Sono gli ultimi due kilometri da fare col cuore.
"I primi trenta con le gambe; poi, i 10 successivi con la testa; gli ultimi 2 con il cuore". È quel territorio dove le strategie saltano, la stanchezza che provavi fino a un secondo fa può aspettare un altro po', prima di manifestarsi, come una pastoia che ti avvince all'asfalto.
Sei a 10 minuti dal finire una maratona: e allora spingi.
Vedo mio fratello con i miei genitori che mi stanno aspettando alle ultime curve, dietro al rettilineo finale, che è a un giro dei giardini pubblici di distanza.
Non potrei essere più felice di così.
Ce l'ho fatta.
E l'ultimo kilometro è tutto per godermi questa sensazione. Il 41esimo kilometro è stata una celebrazione della corsa, l'attesa del traguardo che potevo già assaporare, gli abbracci con i miei cari che mi aspettavano.
I volontari e le volontarie ci incoraggiano, il pubblico ci incoraggia: dai che è finita.
Svolto su via di Roma, un'ultima volta. Sono sul rettilineo finale. È finita.
Arrivo col sorriso sulle labbra, allargo le braccia: anche questa è andata. Ed è stata proprio bella.
Beh, che dire: mi sono proprio divertito!
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Questa settimana ho ascoltato:
King Krule. Musica acida su muscoli stanchi.