A cosa penso quando corro - Flusso di Settembre
Recap: agosto tra corse, scrittura, lettura e parole crociate.
In questa puntata:
Intro. Agosto: io ti odio, ma mi mancherai
Corsa
“A cosa penso quando corro?”
Cosa ho letto?
Prossima gara: Maratona di Ravenna, 13 Novembre 2022
Km percorsi: 319
Agosto: io ti odio, ma mi mancherai
Sono tornato a Milano lo scorso weekend.
Stamattina ho affrontato la prima corsa di settembre: un lento mattutino, trascinandomi sull’acciottolato del Naviglio della Martesana. A cosa si pensa mentre si corre il primo-di-settembre? Non si dice che il 1 settembre è il secondo capodanno dell’anno? E il saluto dell'ultimo sole di agosto, la sera prima? Che vuoto potrà mai lasciare nei nostri poveri cuori?
Bene, il fatto è che io ho sempre atteso quel saluto di agosto come poche altre cose, per anni e anni. Arrivederci e al più tardi possibile, maledettissimo agosto!
Un mese che ho sempre odiato - quasi con tutto me stesso.
Cosa odio di agosto? Tutto, praticamente. Il caldo, la riviera, lo squallore da ecomostro degli hotel tre stelle abbandonati sulla statale, i profumi da uomo mischiati all’odore di piadina, le zanzare, le due del pomeriggio di agosto; quell’impellente necessità di dover sempre fare qualcosa.
Quest’anno agosto è finito e mi sta portando uno strascico di malinconia. Sembra strano detto da me, ma è così.
Cosa mi porto via da questo agosto?
Corsa
Per privilegio di anagrafe (questo appuntamento si chiama pur sempre “A cosa penso quando corro?”) comincerò parlando di cosa e come è stata la corsa in questo mio agosto.
Agosto è un mese di rallentamenti. Il caldo costringe fisiologicamente a rallentare. Anche se la tabella di marcia è chiara: mancano tre mesi a un’importante gara, alla quale voglio arrivare preparato.
Il “vantaggio” di voler correre ad agosto è quello di essere costretti a farlo la mattina prestissimo o la sera molto tardi. La campagna è particolarmente bella in questi momenti di solitudine.
È difficile vivere agosto con il senso di adrenalina che accompagna i mesi immediatamente precedenti a una gara, quando ogni corsa diventa, nel suo piccolo, una simulazione del grande giorno. Si prova una certa paura, quelle mattine. La paura è un sentimento nobile: se collegata a questa passione la riferisco a una razionalissima volontà di performare al meglio delle mie possibilità, alla consapevolezza di aver lavorato a lungo e alacremente per un risultato. Insomma, la paura è un polso della situazione abbastanza fedele dello stato di una preparazione in vista di una gara.
Più ho paura, più mi sono preparato: e se qualcosa di esterno dalle mie possibilità rovinasse tutto? Parleremo di come i filosofi stoici Epitteto e nientepopodimeno che l'imperatore Marco Aurelio si godessero il problema in santa pace in uno dei prossimi numeri. E di come gli americani adorino il tema, tanto che sta prendendo piede rapidamente tra i giovani imprenditori americani un atteggiamento stoico un po' fasullo e raffazzonato (e incazzoso).
"A cosa penso quando corro?"
Una riflessione su questa Newsletter appena partita, ora? Sarà presto? Qualche considerazione si può già fare. D'altronde, è già la quarta settimana.
“A cosa penso quando corro?” è cominciata in un momento un po’ particolare: un bordone di insofferenza estiva che credo di aver programmato nel genoma accompagnava le mie giornate di tranquillità assoluta. Le canicole si rincorrevano, le due del pomeriggio si trascinavano, e io mi sentivo fermo. In breve, sentivo di dover trovare il modo di fare qualcosa.
Sono contento di stare formando uno spazio mio, nel quale parlare di cosa mi passa per la testa - senza troppi vincoli tematici - e dare qualche spunto di riflessione tratto dalla mia esperienza personale al pubblico dei miei “25 lettori” - autocito me stesso che cito Manzoni. Ricevo feedback, ricevo critiche e appunti, li raccolgo, li rielaboro.
Due cose sto imparando da “A cosa penso quando corro?”:
il sistematico gesto di mettermi per almeno una volta alla settimana davanti al computer a fare i conti con le idee che mi passano per la testa (mentre corro, ma anche mentre non corro);
combattere il demone della pagina bianca. Imbarcarsi in un progetto creativo sulle ali dell’entusiasmo pone, presto o tardi, di fronte allo sterminato campo del possibile, che ha la sua sublimazione fisica nella pagina bianca, nella tela bianca, nella molteplicità di scatti che posso fare con una macchina fotografica. A ognuno il suo.
L’esercizio (anch’esso sistematico) del combattere, pur spesso ad armi impari, il blocco creativo mi sta aiutando tantissimo a rinnovare un’arte dell’ascolto e dell’osservazione che temevo di avere perduta.
Letture
Ad agosto ho finito il primo libro del 2022. Non mi sono ritagliato tempo per leggere negli ultimi 12 mesi, salvo alcuni, sporadici casi. Ho dovuto imparare un mestiere praticamente da zero. E comunque (tenersi forte) non ho avuto voglia di leggere. E quindi non l’ho fatto… non che non mi sia mancato, anzi.
Ad agosto ho ripreso con la lettura e questo stacco mi ha dato la fortuna di scoprire alcune cose che dalla mia prospettiva di lettore voracissimo non ho mai potuto vedere.
Riabituare il cervello a ritagliarsi il tempo per leggere è difficile per chi, come me, ha sempre tratto dalla lettura un grande piacere e ha sempre ritagliato una parte del suo tempo libero alla lettura - da quando ho memoria, in pratica.
Figurarsi come deve essere cominciare a leggere per chi, da giovane o da adulto, si ritrova a non avere mai letto. È esattamente come per la corsa. Non si può cominciare con una maratona. Bisogna cominciare con calma: preparare il cervello gradualmente. Masticare con calma, digerire le parole. Fare anche così, come viene, all’inizio; perfezionare la concentrazione durante il processo.
Bene: posta questa premessa necessaria e doverosa (cari lettori-non lettori), a inizio agosto, nel Mondadori Store di piazza Duomo sono andato a tanto così di comprare I fratelli Karamazov. Il briciolo di raziocinio non bruciato dal caldo mi ha fatto rinsavire e ho virato su altro.
E così, ho concluso Il più grande uomo scimmia del Pleistocene, di Roy Lewis, gustosissimo e divertentissimo libricino - esilarante a tratti - sull’idea di progresso, dalla scoperta del fuoco (osteggiata dal conservatorismo del tardo zio Vanja) a elaboratissime e raffinatissime teorie di psicanalisi, come il tabù dell’uccisione del padre quale fondamento della religione e del vivere sociale.
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