A cosa penso quando corro - E ora?
La domanda che mi ha attanagliato nei giorni successivi alla maratona è stata:
e ora?
Ho fatto la mia gara, mi sono divertito ed è tutto già finito.
La tensione, l'eccitazione, mesi di preparazione... tutto stemperato in tre ore e 40 scarse.
Istintivamente, soprattutto nei giorni precedenti la corsa ho pensato che il riposo sarebbe stato meritato, oltre che la cosa più saggia. Però...
Perché ci deve sempre essere un però che mi frega?
La parte più difficile di una maratona
Esistono varie scuole di pensiero su quale sia la parte più difficile di una maratona.
Per me, la parte più difficile di una gara è il giorno successivo. Per una serie di motivi più o meno fisiologici.
Mettiamo un po' di ordine.
Partiamo dal fisico. Dopotutto, è sulle tue povere gambette che ti sei sobbarcato per il puro gusto del divertimento questi 40 e passa kilometri.
E se anni e anni di sviluppo delle teorie olistiche e, ancora prima, organicistiche ci insegnano - e questa è la base della materia - che il corpo è un insieme di parti strettamente collegate, di attaccato alle gambe c'è, nell'ordine: sedere, ànche, torso, collo e testa.
Riprendersi da una maratona potrebbe richiedere un po' di tempo. Checché ne dicano i guru del running, farsi la corsetta defaticante il giorno dopo una maratona è... difficile, a un livello eufemistico.
Mi sono accontentato di una passeggiatina blanda. Ma i crampi, presto o tardi arrivano. È una sensazione assolutamente normale, un limbo tra piacere - sono pur sempre dovuti ad attività fisica svolta ad alto livello - e dolore - monti pur sempre un cinema ogni volta che ti alzi da una sedia (andare in bagno è difficilissimo).
Ma la parte più interessante di ciò che si scatena dopo una maratona è nella testa
Il senso di invincibilità mi pervade. Guardo la medaglia, guardo il pettorale. Ce l'ho fatta. Di nuovo.
E mi dico: "Lascio passare due giorni massimo, poi sono in palestra a fare pesi, e prossimo weekend 20 kilometri minimo".
Dopotutto: perché dovrei mollare, proprio ora? Ho dimostrato di essere in uno stato di forma tale da poter gestire tranquillamente una gara di lunga distanza in un tempo accettabile. Ripartire subito mi porterebbe vantaggio...
Cosa c'è di vero in questo soliloquio?
Beh, in palestra mi ci sono ritrovato veramente, a fare pesi pure.
A correre 20 kilometri il weekend dopo, invece, no. Ne ho fatti 10, scarsi, e non è stata una passeggiata. Eppure, mi sono ritrovato a correre in una giornata splendida di fine novembre, un sole tiepido al punto giusto, un'aria frizzantissima. Neanche un alito di vento.
Quando si corre una gara, la condizione atmosferica perfetta non esiste. Se esistesse, non mi sarei ritrovato a correre 10 kilometri di una gara di 40 con il vento contro - esperienza provante e usurante; ad alti livelli, potenzialmente compromettente.
E io ce l'avevo lì, in un sabato da dedicare completamente alla corsa, tutto per me.
Altri perché si affollano nella testa. Ma com'è possibile una cosa simile?
Vai dove ti porta il corpo
Bene, nulla di strano. O almeno, non più.
Tempo fa, avrei montato un cinema con me stesso per una cosa simile. Una debacle, la fine di un ciclo. Siamo destinati a un lento declino, care gambe mie.
E invece, questa volta no.
Questa volta, ho pensato in maniera diversa, credo più matura.
Ho accettato che il proprio corpo e la mia mente suggerissero la ricerca di stimoli diversi - ad esempio, un'irrazionale voglia di fare pesi invece che di correre. Fa parte di un gioco più ampio di conoscenza di sé.
Ho accettato di trovarmi al punto in cui il mio corpo mi concede al massimo 10 kilometri.
Come si rimane focalizzati, dunque, se sembra venire meno la voglia di praticare quello che è per acclamazione popolare e per vocazione divina con costanza e rigore il proprio sport?
Bene, il running è la punta di un iceberg. Un enorme iceberg.
Il resto dell'enorme blocco di ghiaccio è un percorso di miglioramento focalizzato sulla teoria molto Twitterpedia dell'1% migliore ogni giorno; o se non proprio 1% ogni giorno del due passi avanti e uno indietro.
Ora, dopo un anno in cui, lavoro su me stesso - con qualche risultato oggettivo, senza peccare di hybris - posso affermare che migliorare anche solo l'1% ogni giorno è difficile, direi impossibile.
Per quanto possa sembrare un risultato abbordabile - e per le prime settimane raggiungibile - migliorare tutti i giorni è una di quelle missioni che rasenta l'impossibile.
Per una svariata gamma di ragioni: dei giorni, semplicemente, non succede niente; altri giorni si naviga a vista; altri giorni ancora nulla funziona
Ma: come succede nelle diete per il dimagrimento, a contare non sono le calorie giornaliere, bensì le calorie settimanali.
Cosa ho scoperto? Che nessuna equazione vincente si può costruire senza la variabile della costanza. Che deve essere incrollabile? Infallibile?
No, deve rispettare uno standard di qualità, che può essere monitorato e tenuto sotto controllo.
Per la mia esperienza, monitorare il processo è una delle azioni di riflessione più salutari che mi sia ritrovato a fare. Il monitoraggio è il termometro della costanza.
Ed è un ottimo esercizio da fare con sé stessi. Prendere note, appuntarsi cose; scrivere, insomma. Oppure, ancora, fissare visivamente. Un diario di bordo fotografico.
E l'autoanalisi dei risultati è qualcosa di ancor più straordinariamente formativo.
Un conto è capire se ci si trova di fronte a una falla durante un percorso di crescita; un conto è distinguere una falla da un'inflessione fisiologica all'interno del proprio percorso; un conto è capire l'eventuale motivo di questa falla.
Quindi è questo che sto vivendo con il running, a due settimane dalla fine del macro capitolo Maratona di Ravenna? Una incurvatura in negativo all'interno di una pratica che mi sta rendendo sempre più mentalmente forte, motivato, fisicamente pronto?
Ma facci capire, ora smetti di correre?
No.
Non sto a sproloquiare sul "come potrei?" e a stracciarmi le vesti se a qualcunə il dubbio sia venuto, ahmaalloranonmiconoscibene.
Non smetto di correre. Abbasserò la frequenza delle mie corse settimanali, questo sì. Asseconderò la richiesta del mio corpo di fare altro.
Come uscirò da questo periodo, sportivamente? Non lo so. Ma sentire che è la cosa giusta da fare mi ripaga del tempo dell'attesa
What's next?
Avere grandi piani per il futuro per me è sempre stata una trappola.
Domani succederà. Domani capiterà. Domani farò.
Ho cambiato questa mentalità tendenzialmente procrastrinatrice. È una novità che fa parte di quella spirale di due-passi-avanti-e-uno-indietro. Non sempre sono ligio al dovere.
Ma almeno non mi preoccupo più per quello che potrebbe succedere.
E se fisso un obiettivo a lungo termine lo faccio nella consapevolezza che per raggiungerlo devo partire oggi.
Per questo, già un mese fa mi sono iscritto alla mia prossima gara: gara che si terrà nell'aprile del 2023.
La location?
Ti do un indizio qui sotto.
Corri con me a Parigi!
Per questa gara, la cui preparazione entrerà nel vivo da gennaio, ho deciso di fare qualcosa di diverso.
Infatti, se vorrai, potrai supportarmi nel correre una delle 6 maratone più importanti del mondo, aiutandomi ad ammortizzare i costi di iscrizione, di viaggio e di preparazione.
Come? Letteralmente al prezzo di un caffè, seguendo questo link.
E con il prezzo di un caffè (un caffè italiano, non francese), non solo mi aiuterai me ad avvicinarmi alla gara: ho deciso di donare la metà del ricavato a un'associazione benefica che assicura ai bambini in tutte le condizioni socioeconomiche l'accesso allo sport.
Oppure...
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A cosa penso quando corro? sta diventando sempre di più lo spazio di condivisione che sognavo. E sono immensamente grato di questo! Spero di poter esprimere attraverso la pratica del mio sport preferito la gratitudine che provo mentre scrivo queste righe.
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Questa settimana ho ascoltato...
Ritorno alle origini con Neil Young. YYYYYYYAAAAAH