A cosa penso quando corro - Come supero la tentazione di mollare: 3 metodi che utilizzo
Per rassicurare tutt*sul fatto che "A cosa penso quando corro?" non sta prendendo derive pericolosamente self-help, voglio rimarcare il fatto che quanto segue è tratto da una storia vera.
Prossima gara: Maratona di Ravenna, 13 novembre 2022.
Km Percorsi: 281.83
«Non ce la faccio più»
Devo fare una confessione.
La faccio così, in breve, senza preamboli: ogni volta che esco per fare una corsa lunga (distanza > 20km) in preparazione alla maratona, per almeno una volta durante l’allenamento mi sale una fortissima voglia, o tentazione, o inclinazione a fermarmi. Ci vado veramente vicino.
Prendiamo, ad esempio, l’ultimo allenamento lungo che ho affrontato, sabato scorso. Il piano di allenamento dice: 23 kilometri.
E io, baldanzoso: «Ma si, che vuoi che sia, sono i lunghi “più brevi”. Pensa un po’ a quando dovrò fare 28, 30, 35 kilometri… pensa alla gara vera, 42 kilometri».
Poi comincia l’allenamento. I primi kilometri sono sempre penosi - li odio, li ho sempre odiati e credo che sempre li odierò (è un odio abbastanza irrazionale, me ne rendo conto).
Ma vado avanti, l’impasse presto o tardi sarà superata. E infatti, piano piano mi sciolgo, il passo si fa più ritmato, schiarisco la mente, smetto di ragionare a come respirare e mi concentro solo sul flusso dei pensieri. In breve, vado in pilota automatico.
Poi succede qualcosa, all’improvviso. Sono più o meno al kilometro 10 e nel mio cervello un chiacchiericcio di sottofondo comincia a turbare la placida calma piatta dei miei pensieri: “Sei solo al kilometro 10. Ne mancano ancora 13. Pensa al giorno della gara, quando sarai al kilometro 10 e ne mancheranno altri 32…”.
Provo a silenziare il chiacchiericcio. Ma non è facile silenziare una vocina simile. Piano piano mi invade. Le gambe cominciano a formicolare, sembrano pesanti come marmo; i piedi lottano contro una resistenza che sale dall’asfalto, mi avvinghia le anche. Delle pastoie invisibili.
Va avanti per qualche kilometro, che sembra infinito. Voglio fermarmi, la tentazione è fortissima. Cerco un appiglio nel mondo esterno per provare a ridarmi forza. Bevo dalla mia borraccia, l’acqua mi ridà un po’ di vigore.
Poi controllo la velocità: sorprendentemente non sono rallentato in questi kilometri. È tutto nella mia testa? Esattamente. Riprovo a silenziare le voci: costringo i muscoli facciali a formare un sorriso e dico ad alta voce “fanculo, ho già fatto 10 km. Ne mancano solo 13”.
Sono le 7 e mezzo di un mattino di agosto: ho 25 anni e sto ridendo da solo mentre sto correndo in mezzo alla campagna.
3 modi con cui supero la tentazione di mollare qualcosa
Riflettevo sulla questione del “non mollare”: la considero una soft skill sulla quale potrebbe essere utile investire (sicuramente un non sgradito nice to have). Siamo tendenzialmente bravi a non mollare in quanto esseri umani.
Siamo fortissimi a non mollare cose che odiamo fare, ma che sappiamo essere necessarie. Penso a quanto odiassi il mio lavoro stagionale estivo*, ma a come tirassi avanti perché quei soldi mi servivano.
*Sul valore formativo e l'impatto positivo che tale esperienza ha avuto parlerò sicuramente più avanti.
Siamo altrettanto bravi a mollare subito cose che invece adoreremmo fare e che ci divertiamo a fare. La gamma delle motivazioni è infinita. Nel caso della corsa che ho raccontato poco sopra, un micidiale “gomitolo di concause” fatto - tra le altre cose - di percezione della fatica (ma va? si fa fatica?) e di una subdola paura di non farcela.
La capacità di non mollare, dicevo, è una skill che non serve solo a chi fa sport di resistenza, e sport in generale. Se hai appena cominciato con l’hobby della scrittura, ad esempio, puoi provare la stessa tentazione di desistere dal tuo obiettivo di scrivere un pochino ogni giorno (perché sì, il blocco dello scrittore esiste e la pagina bianca fa venire il mal di testa).
Ecco come inganno il mio cervello, sia per cominciare a fare qualcosa quando non ne ho voglia, sia per continuare a farla quando la testa mi dice che è ora di mollare.
Le "due versioni" dei 5 minuti
1. «Va bene, ma solo 5 minuti»
Quando non ho voglia di fare qualcosa che so che devo fare se voglio ottenere un certo risultato, mi dico: “Mettiti lì per 5 minuti e basta, poi passa ad altro”. Succede sempre se devo fare qualcosa di noioso a computer.
È un ottimo modo per rompere la resistenza alla procrastinazione.
Prendendo i lavori di casa come esempio: “Dai, comincerò pulendo il piano cottura”… Brav*, hai appena ingannato il tuo cervello! E in un’ora ti ritrovi con la casa completamente pulita.
2. «Dai, ancora 5 minuti!» - «non smetto quando voglio»
Ti ricordi quando da bambino al parco giochi promettevi ai tuoi genitori o ai tuoi nonni, che volevano tornare a casa, che quel giro sullo scivolo sarebbe stato l’ultimo, e poi continuavi a scivolare, ripetendo di volta in volta “giuro è l’ultimo giro”?
È la versione aggiornata del primo metodo. Il tuo corpo sono i genitori/nonni/zii che vogliono andare a casa: la tua testa deve trasformarsi in un bambino che di andare a casa non ha ancora voglia e vuole fare "solo" l'ultimo giro sull'altalena.
Se stai facendo qualcosa di non entusiasmante, o che ti ha stancato/affaticato, ma devi finirlo, può essere un buon metodo. Se la questione è l’allenamento in generale, o la corsa in particolare, il discorso può diventare “forza, ancora 1 kilometro” e il kilometro dopo “forza, solo un altro e giuro che è l’ultimo”, e così via (o ancora, "forza, solo una rep", "solo una serie" ecc ecc).
Self-talk di base
3. Sorridi
Ok, lo ammetto, questo sembra davvero uno di quei consigli da libro dell’Autogrill.
Tuttavia, l’ho messo in pratica e lo metto costantemente in pratica durante le mie sessioni e le mie gare. All’inizio con riluttanza, avevo paura di sembrare un po’ un deficiente. Ma poi, quando ho visto che funzionava, via, regala sorrisi per strada. Psicologicamente credo che un sorriso fatto a nessun altro che a te stess* abbia il valore di un “va tutto bene”.
E così, sei al kilometro 30, ne mancano solo 12. Stai facendo quello che ti piace: sorridi.
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Se questi trick mentali ti sono sembrati sensati, se ne provi già qualcuno nella tua routine per imparare a dipingere, o a meditare, o se ne aggiungeresti anche altri, fammelo sapere.
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Questa settimana ho ascoltato
Franz Ferdinand - perché non me li ero mai troppo filati? Ma cosa avevo in testa?