A cosa penso quando corro - 1996-2022 Wrapped
Questa settimana dell'anno - quella che accompagna novembre alla porta e accoglie dicembre - è monopolizzata da un solo, grande marchio.
Spotify.
L'iconico tondino verde con le tre lineette nere non ha bisogno di presentazioni. È il player musicale che ha rivoluzionato il mercato. È uno dei servizi online per cui pago più volentieri in assoluto; forse l'ultimo servizio a pagamento di cui mi priverei.
Che ci piaccia o no, che siamo puristi del disco in vinile o della musica dal vivo dobbiamo farci i conti:
esiste un prima Spotify; esiste un dopo Spotify.
Tra l'altro, consiglio The Playlist, miniserie sulla nascita di Spotify: la trovi su Netflix.
Ma come c'entra Spotify con questa newsletter. Non hai detto che corri senza musica? Vuoi rivelarci la tua playlist pre-gara?
Sì, corro senza musica. No, non voglio rivelare nessuna playlist pre-gara - è la mia personale ricetta segreta stile Coca-Cola.
In questo spazio dedicato alle riflessioni di qualsiasi genere, voglio tentare un esperiemento, un gioco con me stesso. Una specie di divertissement con me stesso.
Dimmi che musica ascolti e ti dirò che anno è stato
Ebbene, come ogni ultima settimana di novembre, Spotify ha rilasciato Wrapped.
Lo spirito dei tempi è qualcosa che si assegna a posteriori dopo anni, secoli a un periodo storico. Non so se si possa assegnare uno zeitgeist alla straordinaria unicità di una vita umana.
La musica ascoltata in un periodo della propria vita è quello che più si avvicina all'idea di creare uno spirito dei tempi delle fasi della vita umana.
Spotify Wrapped è esattamente questo. Lo spirito del tuo anno, raccolto e preparato solo per te e per tutte le persone a cui vorrai condividerlo.
Per chi non sapesse di cosa si tratta: Spotify prepara, impacchetta, confeziona e consegna a ogni singolo utente iscritto una personale playlist corredata da carosello stile Instagram stories contenente una serie di statistiche sull'utilizzo di Spotify durante l'anno corrente, in questo caso il 2022.
Tra le statistiche e i dati troviamo:
Numero di ore di ascolto;
Numero di generi ascoltati;
Top 5 Artisti;
Brano più ascoltato;
Podcast più ascoltato;
Ecc... Ecc..
Ogni anno i feed di Instagram sono invasi (invasi!) di screenshots, musica e condivisioni dei propri ascolti annuali.
Gli approcci nella condivisione di questi estratti di vita sono codificabili in manuale. C'è chi "Ao guarda che bomba di musica ascolto"; c'è chi "Che tristezza di anno che ho passato a giudicare dalla musica".
Insomma: guardami, ci sono anche io. E a che servono i social, sennò?
Io credo che questa trovata di Spotify sia geniale. Gli indubbi meriti a livello di marketing - pubblicità a costo quasi zero fatta molto bene: "perché se tutti hanno il loro proprio anno in musica io non posso avere il mio?" - toccano una serie di tasti interessanti.
Spotify ci ricorda una cosa: scandire i giorni della propria vita con la musica è possibile. La musica è un possibile non direi strumento di misurazione ma termometro del tempo che passa.
Ascoltiamo nuova musica, entriamo in fissa con nuove artiste e nuovi artisti e ci facciamo prendere da una convinzione tanto ovvia quanto grottescamente fragile: "è esattamente qui che devo essere, ora".
A Dio piacendo
Ma quello che succede qui e ora, anche qualora si trattasse solo di musica, non è un caso. Ho provato a parlarne in questa puntata.
O meglio: il caso e la fortuna giocano la loro parte. Ma da qualche parte il viaggio musicale di qualcuno dovrà pur cominciare.
Da dove comincia il mio viaggio musicale?
Non esistono nebulose origini, esiste un atto di nascita più o meno preciso circa l'inizio del mio viaggio musicale.
2007. La prima volta che ho messo le mani su una chitarra. Ero in prima media. Avevo in testa un unico grande sogno: suonare la chitarra nel coro della chiesa del mio paese.
A distanza di quindici anni, posso affermare che le cose non sono andate esattamente secondo i piani del ragazzino di prima media che prende la risoluzione di cominciare a suonare per avvicinarsi sempre di più a Dio Padre.
No. La deviazione che il mio cammino musicale ha preso rispetto alla via della misericordia mi ha portato al Wrapped Spotify 2022 per sentieri insospettabili.
Posso dire che non sarei qui oggi senza quello che è successo in circa 15 + 11 anni di musica alle spalle? Assolutamente sì.
La collezione
Siccome sono un collezionista più o meno incallito di dischi (ho preso una pausa), ho deciso di ripercorrere la storia della mia vita legata a doppio filo con la musica attraverso 10 dischi.
Quasi tutti mi prendono per matto quando parlo di musica perché sono abituato a ragionare per "dischi".
L'avvento di Youtube prima e Spotify poi credo abbia desensibilizzato rispetto all'idea di "disco" come opera d'arte conchiusa nel numero di tracce inestricabilmente concatenate le une con le altre a formare un tutto indivisibile.
Non per fare il diverso, quanto più probabilmente per mia dote (inclinazione) naturale, raramente riesco a estrapolare una serie di brani senza incorniciarli nel contesto del disco.
Questa idea mi ha portato al collezionismo di CD fisici - al di là delle meditabonde e un po' ridondanti cogitazioni sull'idea stessa di fisicità dell'oggetto, capace di infondere sensazioni libidinose ad alcuni.
E comunque la newsletter è la mia e io ragiono come mi pare.
E quindi ecco 1996-2022 Wrapped: la mia vita in 10 dischi.
NB. Questi non sono i migliori album della storia della musica; in molti casi non sono neanche i miei album preferiti... sono gli album che mi hanno accompagnato per un pezzo più o meno lungo, sicuramente significativo, della mia vita.
NBB. Questa non è una classifica. Questa è una cronistoria.
1. Safari - Jovanotti (2008)
E fu così che, a grande sorpresa, non ho potuto non mettere questo artista con cui ho litigato molto pesantemente.
Ma tutto è più o meno cominciato così: cantare in macchina; avere semplicemente voglia di imparare a suonare quelle canzoni che passavano sempre in radio.
2. Magical Mystery Tour - The Beatles (1967)
Vedere il mondo bianco, vedere il mondo nero. O ti piacciono i Beatles o ti piacciono i Rolling Stones, con le ricadute psicologiche che la scelta può costituire a diversi livelli.
Dalla scoperta delle teorie cospirazioniste sulla morte di Paul McCartney ho cominciato ad ascoltare questo album.
E così, il tricheco che nella mitologia eschimese è la morte mi ha sempre confuso ascoltando I am the walrus (se non guardi il video godi solo a metà), Penny Lane è una specie di San Pietro in Vincoli a là inglese e Strawberry Fields Forever è la più dolce colonna sonora di qualsiasi tramonto di primavera passeggiando in campagna.
Hello, Goodbye!
3. Let there be rock - AC/DC (1977)
Un ragazzino delle scuole medie che ha appena cominciato a suonare la chitarra passa attraverso due miti:
Jack Black che fa il maestro di chitarra in School of Rock, il film che qualsiasi insegnante di musica mostrerà almeno una volta ai suoi studenti;
Angus Young degli AC/DC, a cui Jack Black in School of Rock si inspira.
Gli AC/DC incarnavano alle mie imberbi orecchie l'essenza di tutto quello che era rock e quindi figo. La chitarra di Angus Young ha quella forma diavolesca, nel video di Let there be rock i nostri eroi suonano in una chiesa, in abiti talari, con delle aureole fissate sulla testa che dondolano allo scuotimento forsennato della testa.
Come fossi dal confessore, spiegavo al mio maestro di chitarra che a me del blues e del jazz non me ne poteva fregare di meno: io volevo essere come Angus Young. Io volevo essere come gli AC/DC.
Che rock sia. E rock fu.
4. Appetite for Destruction - Guns n'Roses (1987)
Non so bene dire quante volte io abbia passato questo album. Avevo nei confronti di quest'opera una specie di morboso attaccamento, ma era un morboso strano, innocente.
Come quello dei bambini di prima elementare che aggrediscono ossessivamente le parolacce e continuano a pronunciare "cazzo", "merda", all'impazzata per un paio di ore a fila, ossessivamente.
In effetti, credo di non aver ascoltato altro per almeno un intero anno - probabilmente l'anno della seconda superiore. Volevo i capelli lunghi come Slash ed esibirmi indossando bandane in testa - sembravo più Prison Mike che Axl Rose.
Erano i tempi in cui facevo finta di fare il frontman di una band senza il bassista. Facevamo le prove di domenica pomeriggio, a un certo punto ci cambiavamo gli strumenti; suonavamo due volte all'anno, al saggio di musica e alla Corrida di Gambellara.
Andava tutto bene.
Beh, su questo album è stato già detto tutto, di tutto e di più. Mi limiterò a confessare che, anche a distanza di 10 anni, ogni volta che scendo da un treno a Milano Centrale mi viene più o meno sempre in mente la prima scena del video clip di Welcome to the jungle.
Youknowwhereyouaaaare?
5. The Number of the beast - Iron Maiden (1982)
Questo album è stato il primo che ho acquistato per la mia collezione di CD.
Sembra strano, ma all'epoca ancora non c'era Spotify. I CD non dovevi necessariamente comprarli - dai, davvero non hai mai usato uTorrent?
I download da uTorrent non erano sempre lisci... tu pensavi di aver scaricato un album dei Metallica. E invece ti ritrovavi con una bella compilation di video porno sul tuo computer.
Con YoTube le cose erano migliorate. Ma era comunque difficile trovare gli album completi, per questioni legate al copyright. E poi non era il player più comodo, in un mondo che ancora viaggiava offline.
Insomma, la musica si scopriva ancora un po' per caso. E questo è quello che è successo con gli Iron Maiden. Non me li aveva introdotti una persona. Me li aveva introdotti Guitar Hero.
Non è retorica: ricordo ancora il momento esatto in cui ho messo sull'impianto per la prima volta il mio neoacquisto - una ristampa pagata spropositatamente. Ero a casa da solo. Non sapevo come regolare il volume. Nel dubbio ho alzato.
Una fucilata.
Disastro diplomatico con i vicini sfiorato, evitato per il fatto che era novembre, mi pare, e le finestre a novembre generalmente stanno chiuse.
Fu una specie di epifania. Dove era stato l'heavy metal fino a quel momento?
6. Ten - Pearl Jam (1991)
Racchiudere gli anni dell'università in un solo album è impossibile. Ce ne sarebbero così tanti da ricordare.
Se mi chiedi di prenderne uno che sia la summa di tutti gli altri, però, ti dico Ten.
L'approccio ai Pearl Jam è stato graduale. Odiavo la grassa voce di Eddie Vedder; odiavo il fatto che nessuno di questi tizi sembrasse un rocker come me lo immaginavo io.
Odiavo Black. Passava ogni benedetto minuto su Virgin Radio ai tempi in cui guidavo la 206 scassata di mio nonno, senza USB, senza possibilità di inserire CD.
Poi, esposto a una serie di ascolti ,ho cominciato a pensare: "ma queste canzoni parlano di me"; il più retorico e banale meccanismo di immedesimazione e ci ero cascato in pieno.
E quelle che credevo fossero nenie erano diventate la colonna sonora di alcuni degli anni migliori della mia vita.
7. Blood Sugar Sex Magik - Red Hot Chili Peppers (1991)
La fissa per i Red Hot Chili Peppers a me è venuta tardi.
Di solito arriva relativamente presto. I motivi sono orecchiabili. Le canzoni famose sono famosisissime. In questo senso li ho sempre un po' visti come dei Green Day ma senza l'aplomb punk-pop.
Ma... io credo di avere fatto il percorso inverso: all'inizio, quando ero un musicista incallito, non mi interessavano i suoni semplici, le chitarre pulite. Il funky era un genere per i fricchettoni e quello che piace a tutti naturalmente a me non piace (che sia ancora un po' così?).
Così a un certo punto mi sono imbattuto in Blood sugar sex magik. Che credo racchiuda un po' una sintesi di tutti i suoni che mi interessava ascoltare. Era un po' funky, un po' rock, un po' pop; un po' melenso, un po' carico e incazzoso.
8. Repeater - Fugazi (1990)
Gli ultimi anni dell'università sono stati quelli dell'avvicinamento al punk. E all'intersezione tra quello che suonava punk e il politicamente impegnato su risonanze che potevo sentire mie, c'era Repeater.
Questo album mi ha accompagnato nei mesi successivi ai lockdown. La linea di basso che apre il disco ha cominciato a vivere nella mia testa.
Tutto quello che era semplice ha cominciato a piacermi. Le maglie monocolore, il nero, il grigio. Non c'è nessun bisogno di complicare le cose.
I Fugazi di certo non le complicavano. Il prezzo dei biglietti dei concerti era calmierato: quanto basta per rientrare. Niente merchandising, niente videoclip. Solo musica. Per altri aneddoti su questa band straordinaria, da un milione e mezzo di dischi senza aver firmato un singolo contratto con una major, guarda qua.
Cosa ti puoi portare a casa da questo album, qui e ora? Questa frase: tu non sei ciò che possiedi.
9. Freak - Samuele Bersani (1994)
Anche qui siamo in una situazione particolare: raccontare il mio primo anno di vita a Milano.
Dopo anni di sistematico e programmatico divieto a me stesso, ho ricominciato ad avvicinarmi alla musica italiana. Gli artisti che potrei citare e che mi hanno fatto compagnia in città sono davvero irriducibili alla scelta di un solo album.
Ma qui siamo nel territorio delle scelte divisive, delle decisioni in-out. E così scelgo Freak del nostro caro conterraneo romagnolo Samuele.
Sarà stata l'atmosfera milananese alla Chiedimi se sono felice; sarà stato che Freak mi ricorda di alcuni ragionamenti degli anni universitari sull'esportazione della piadina negli Stati Uniti...
10. Joy as an act of resistance - IDLES (2018)
Dicembre 2022.
Dove sono adesso? Qual è lo spirito del mio tempo, oggi?
Un inquieto vivere in cui lavoro, corro e scrivo? E attorno a me, cosa succede? La mia visione del mondo, incide sul mondo? Ha il potere di fare del bene?
"Certo vivo in un mondo di merda, questo sì".
Credo id non avere altra risposta al mondo di merda se non Gioia come atto di resistenza.
Menzioni d'onore
1984 - Van Halen; Led Zeppelin IV - Led Zeppelin; Nevermind - Nirvana; Badmotorfinger - Soundgarden; Dirt - Alice in Chains; Angel Dust - Faith No More; Rust in Peace - Megadeth; Brighten the corners - Pavement; Parklife - Blur; The Battle of Los Angeles - Rage Against the Machine; Toxicity - System of a Down; Core - Stone Temple Pilots.
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Questa settimana ho ascoltato...
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